Abbiamo trascorso una giornata insieme a operatori e volontarie del Centro d’ascolto della Casa della Carità
Tra i tanti luoghi che compongono la Casa della Carità, ce n’è uno che, da sempre, rappresenta il “primo approdo” per chi bussa alla porta di via Brambilla: il Centro d’ascolto*.
Qui, le persone in difficoltà hanno la possibilità di raccontare la propria storia, i propri bisogni, richiedere l’accoglienza o l’accesso ai servizi diurni della Fondazione. È l’inizio di un percorso, che porta al riconoscimento della persona e dei suoi diritti.
Il Centro d’ascolto è coordinato da un assistente sociale ed è realizzato grazie al prezioso impegno di diverse volontarie e volontari, che partecipano a una formazione, in cui si imparano modalità di ascolto e relazione con le persone in difficoltà.
Abbiamo incontrato Gabriele Liaci, operatore della Fondazione e coordinatore del servizio, e Gemma Di Marino, presidente dell’Associazione Volontari Casa della Carità e volontaria del Centro.
Un ascolto partecipato
«Al Centro d’ascolto arrivano persone di ogni tipo. Quello che le accomuna è il fatto di essere senza dimora. Questo significa non avere una casa, intesa anche come luogo degli affetti. Molti di quelli che arrivano, infatti, magari hanno un tetto sopra la testa o vivono in luoghi di fortuna, ma quella non è una casa, perché mancano i beni di prima necessità e soprattutto gli affetti primari e le relazioni», esordisce Gabriele Liaci, coordinatore del servizio.
Quello che operatori e volontari cercano di fare incontrando queste persone, è offrire loro un ascolto, che deve essere partecipato ed empatico e deve riguardare i bisogni e le risorse di ognuno.
«Per arrivare a ciò, bisogna conoscere un po’ queste persone e non basta un colloquio. Purtroppo non riusciamo a farlo con tutti e allora cerchiamo di mantenere un rapporto più approfondito con chi ci sembra più fragile, provando a coinvolgerlo nel mondo della Casa, attraverso i suoi servizi: come lo Sportello legale, il Centro diurno, i servizi docce e guardaroba, la Scuola di italiano o lo sportello per la Residenza anagrafica», spiega l’operatore.
Spesso, inoltre, chi arriva al Centro d’ascolto diventa poi ospite della Fondazione: «Il Centro d’ascolto è allora un momento molto importante, perché ci permette di conoscere alcune situazioni di bisogno, che vengono poi approfondite con le varie équipe della Casa, per iniziare un percorso di accoglienza».
Un peso che diventa più leggero
Sono tante le volontarie che ogni mattina, dal lunedì al venerdì, si alternano dietro la scrivania del Centro d’ascolto, lavorando sempre in coppia. Tra di loro, fin dal 2005, c’è Gemma Di Marino, che ha condiviso con noi la sua esperienza.
«Quando una persona si presenta al Centro d’ascolto, il suo problema viene messo sulla nostra scrivania. Quel peso che hanno addosso, iniziamo a guardarlo in due, ne parliamo e, man mano, diventa un po’ più leggero», dice Gemma.
Che continua: «Spesso dopo il colloquio, anche se non abbiamo potuto rispondere pienamente al bisogno, la persona va via un po’ più serena, anche con un sorriso a volte, perché qui ha trovato qualcuno che l’ha ascoltata senza interrogarla e questo riconsegna un filo di speranza e la voglia di provare a riprendere in mano la propria vita».
Storie che rimangono nel cuore
In tutti questi anni da volontaria, sono tantissime le storie che Gemma ha avuto modo di ascoltare. Ne rievoca una in modo particolare: «Ricordo perfettamente quel giorno, perché era l’anniversario della morte di mio marito. C’era quest’uomo che continuava a piangere e io non trovavo modo di consolarlo, ma tra un singhiozzo e l’altro ha iniziato a condividere la sua storia», racconta Gemma.
L’uomo aveva tentato la traversata del Mediterraneo insieme alla moglie. Erano sposati da un mese e insieme volevano costruirsi un nuovo futuro in Europa. La barca sulla quale viaggiavano, però, si è rovesciata e sono caduti in acqua.
«Lui – riporta la volontaria – ha tenuto la mano della moglie per molte ore, ma poi lei non ce l’ha più fatta. Ha perso le forze e lui l’ha vista andare giù e così il loro sogno si è infranto».
«A quel punto – continua Gemma – le mie lacrime si sono mescolate con le sue, perché, anche se si trattava di un contesto assolutamente diverso, proprio quel giorno mi ha fatto pensare a quando anche io, fino all’ultimo, ho tenuto la mano a mio marito. Per questo, questa storia la porto sempre nel cuore».
* il Centro di Ascolto è uno di quei servizi che la Casa della Carità può realizzare “in gratuità”, cioè grazie alle donazioni di privati cittadini e ai contributi di enti e fondazioni. Come Fondazione Cariplo, che sostiene la Casa fin dalla nascita.