Intervista con Gemma Di Marino, nuova presidente dell’Associazione Volontari Casa della Carità che succede a Matilde Brockhaus
Dopo una vita lavorativa in cui si è occupata di conti e bilanci, quando è andata in pensione non ha avuto dubbi: avrebbe fatto volontariato. «Il mio pensiero non era tanto di preoccuparmi di cosa avrei fatto, ma dove avrei potuto essere utile. Ma nel mio cuore c’era già la Casa della Carità». Gemma Di Marino è la nuova presidente dell’Associazione Volontari Casa della Carità, che prende il posto di Matilde Brockhaus. L’abbiamo incontrata per conoscerla meglio e sapere come sta andando questi primi mesi alla guida dell’associazione.
Gemma, quando sei arrivata alla Casa della Carità e di che cosa ti occupi come volontaria?
Sono arrivata nel 2006. Inizialmente non sapevo bene come potevo essere utile, ma quando ho conosciuto il Centro d’Ascolto, sono rimasta subito sensibile a questo servizio e – a parte una breve interruzione dovuta alla pandemia – sono 16 anni che faccio questo. Sono comunque una persona curiosa, mi piace girare per la Casa, vedere che cosa si muove e cerco di rendermi utile là dove serve.
Nel Direttivo dell’Associazione sono entrata 4 anni fa, con i ruoli di vicepresidente e di tesoriera, che ho ricoperto fino a dicembre quando sono stata eletta nuova presidente.
Che cosa osservi dal Centro d’Ascolto in questo periodo così complesso?
Quello che constato è che in questo periodo chi sta pagando maggiormente sono i poveri, che sono in aumento. Molte persone ci raccontano che in questi due anni hanno perso il lavoro e anche la casa e fra queste anche famiglie giovani. E quindi sono in crescita quelli che hanno bisogno di un posto per dormire, di una casa, di un lavoro. Tanti sono anche quelli che chiedono la residenza, che non hanno più perché hanno perso la casa, ma che è necessaria per avere un luogo dove ricevere la posta, i documenti, per avere il medico e la tessera sanitaria. Sono sempre di più quelli che vengono a chiedere indumenti e anche biancheria per la casa; non solo singoli come avveniva prima, ma famiglie intere. Gli stranieri vengono anche per chiedere di essere aiutati nella prenotazione del vaccino e nella stampa del green pass, poiché la quasi totalità di loro non posseggono i mezzi idonei.
Quali sono le prime cose di cui ti stai occupando come presidente dell’Associazione Volontari?
Oltre alla parte burocratica legata al cambio di presidenza e direttivo, sto cercando di ricostruire quello che la pandemia durante questi due anni ha bloccato.
Molti volontari hanno dovuto interrompere la loro attività e a parte due momenti di assemblea non ci sono state occasioni di incontro. Alcuni incontri indispensabili sono stati fatti utilizzando le piattaforme online. Come Direttivo stiamo contattando telefonicamente i volontari non operativi, innanzitutto per sapere come stanno, se hanno voglia di riprendere e quando. È un po’ un lavoro di ri-tessitura e, quello che emerge è una grande voglia di mettere piede di nuovo alla Casa e respirare il suo clima.
Sto già verificando che è un ruolo molto impegnativo, interessante ma anche molto stimolante, sono contenta per la fiducia che i volontari hanno riposto in me e di essermi presa una parte di questa responsabilità.
E poi ho iniziato i colloqui con alcuni nuovi aspiranti volontari. Sono tante le persone che scrivono offrendosi ed è incredibile come questo avvenga in un periodo così complicato. Credo che questo momento di ascolto e conoscenza nei confronti di chi ci scrive e si propone per mettere a disposizione della Casa della Carità il proprio tempo sia molto importante, per capire i loro desideri, aspettative e come e quando possono dare il loro contributo. E tutto questo è bello e mi fa dire che al di la delle varie differenze ciò che conta sono le persone.
C’è qualcosa che bolle in pentola?
Al momento no, ma vedo che sia i volontari attualmente attivi, quelli in attesa di riprendere, che gli aspiranti volontari sono tutte persone che hanno una grande voglia di fare del buono. Sulla base di questo, spero oltre che mantenere le nostre consuete attività possiamo riuscire – covid permettendo – a far ripartire alcuni progetti che sono rimasti in stand by e magari a creare qualcosa di nuovo, proprio partendo dalle proposte dei soci e dei nuovi volontari.
Come hai detto, la pandemia è stata un duro colpo per i volontari. Dal tuo punto di vista, vedi cambiamenti anche nello stile dell’accoglienza che i volontari hanno sempre messo in campo?
Devo dire di sì. Prima le persone arrivavano senza appuntamento e c’erano code per le docce e il guardaroba, affollamento fuori dal Centro d’Ascolto. Era una gran confusione, che però era vita.
Ci si salutava abbracciandosi, con calorose strette di mano e i sorrisi. Ora non ci sono più. Ora il virus ci impone uno stile di accoglienza diverso, più “freddo”, perché per non invadere l’altro, dobbiamo stargli lontano. Ci salutiamo con lo sguardo cercando di far sorridere i nostri occhi.
Quale augurio fai a te stessa e all’Associazione volontari?
A me stessa auguro di riuscire a portare avanti quello che ha fatto la mia predecessora – che ringrazio – e di svolgere il mio compito in maniera precisa, mettendoci dentro non solo la parte “burocratica”, ma il cuore e quella parte buona di me. Mi auguro davvero di poter costruire qualcosa di bello e questo non posso farlo da sola, mi occorre la sinergia di tutto il Direttivo, di tutti i volontari e di tutto lo staff della Casa.
All’Associazione Volontari auguro di continuare a tener fede alla mission, di farlo insieme e di farlo tenendo presente le 3 energie che ci ha indicato il Presidente della Fondazione, don Virginio Colmegna: l’energia culturale, l’energia politica, l’energia spirituale. Per quanto riguarda l’energia culturale, auspico una sempre maggiore apertura al territorio; sull’energia politica, osserveremo che cosa si muove nella città e vedremo che risposte possiamo dare noi. Da credente, poi, credo che l’energia spirituale sia il motore che fa muovere un po’ tutto; credo che in Casa della Carità ci sia una spiritualità di fede confessionale e una spiritualità laica ed ambedue s’intrecciano.
In fondo ciò che maggiormente conta è come rispondiamo al nuovo che sta germinando, avere fiducia nel futuro, con una fiducia etica, e la fede è nella carne umana.