Storie

Ciao Battistini, innamorato della vita

Antonio Battistini era uno dei “nonni” della Casa della Carità. È mancato lo scorso 18 maggio.

«Era una persona che amava la vita. Ci aveva detto che avrebbe voluto festeggiare i suoi 100 anni con la banda. Organizzeremo noi qualcosa. Sono sicura che lui ci guarderà dall’alto e ne sarà felice», dice di lui Vanessa Caputo, operatrice di Casa Anziani.

Battistini alla Casa della Carità

Lui è Antonio Battistini, uno dei nonni della Casa della Carità, mancato lo scorso 18 maggio a 96 anni.

Antonio, per tutti “Il Battistini”, era una delle colonne del gruppo di anziani del quartiere che, fino a prima della pandemia, frequentavano via Brambilla due volte a settimana. 

Nato a San Martino in Strada, in provincia di Lodi, è arrivato a Milano con la famiglia: madre, padre, sorella e fratello. Ha sempre vissuto in via Adriano e a 14 anni ha iniziato a fare il garzone di bottega da un panettiere della zona.

Di anni ne aveva invece 18 anni quando, insieme a suo fratello e ad altri coetanei, viene rastrellato dal quartiere e internato in un campo di lavoro in Germania. Quando tornava con la memoria a quei giorni, alcuni dettagli gli sfuggivano, ma c’era qualcosa che ricordava bene: la parola “Ziegelfabrik”, fabbrica di mattoni. Il luogo dove è stato costretto a lavorare, insieme a una ventina di ragazzi italiani, quasi tutti milanesi, tredici ore al giorno e con poco, pochissimo, da mangiare. 

Dopo due anni di lavoro forzato, passati a produrre mattoni o a riparare e pulire vagoni ferroviari, alla vigilia della resa della Germania, Battistini riesce a fuggire. Una fuga lunga più di un mese, a piedi, muovendosi solo di notte, al buio, nascondendosi di giorno, rubando qua e là qualcosa per calmare la fame e recuperare le forze.   

Battistini festeggia il compleanno alla Casa

Ma alla fine, ce l’ha fatta. È riuscito a tornare a casa, a Milano, in via Adriano. Dove per 20 anni ha gestito la cartoleria avviata dai genitori. Una cartoleria che esiste ancora.

«Finché era ancora in gamba, andava a ballare alla bocciofila del quartiere. Poi circa 7 anni fa ha iniziato a frequentare la Casa. Un luogo che in fondo già conosceva, perché nell’edificio che ospita la Fondazione lui aveva frequentato le scuole medie», ricorda Vanessa.

Alla Casa era sempre molto presente e gli piaceva molto leggere libri di avventura. Tanto che spesso ne prendeva alcuni in prestito dagli scaffali della nostra biblioteca diffusa.

Dopo che le porte di via Brambilla si sono chiuse a causa della pandemia, con Battistini, così come con tutti i nonni del gruppo, si è mantenuto il contatto attraverso le telefonate, le serenate sotto i balconi e le visite a domicilio.

Battistini con Anna alla Casa della Carità.

«Negli ultimi tempi la famiglia ci aveva chiesto aiuto per trovare qualcuno che stesse con lui la notte e così due nostri ospiti si sono occupati di lui per qualche tempo», racconta ancora Vanessa.

Quello che forse rimarrà sempre come ricordo del Battistini è il suo grande amore per la vita, ma soprattutto per Anna, un’altra delle nonne della Casa.


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