Alex viveva in un campo rom con la sua famiglia, ma oggi studia all’università grazie a una borsa di studio promossa dalla Casa della Carità.
Alex sta per compiere 23 anni e alla Casa della Carità è stato accolto insieme alla sua famiglia nel 2005, a seguito dello sgombero del campo in cui vivevano dopo essere arrivati dalla Romania. Al Villaggio Solidale, i genitori di Alex hanno avuto supporto nella ricerca di un lavoro e successivamente di una casa, che hanno acquistato accendendo un mutuo, mentre lui ha iniziato il suo percorso di scolarizzazione alla scuola materna, arrivando alla maturità.
«È stato un traguardo importante, se si pensa che la maggior parte dei bambini provenienti da famiglie che vivono in situazioni di grave marginalità e precarietà socio-economica non riesce nemmeno a ottenere il diploma di terza media», commenta Donatella De Vito, responsabile del Settore disuguaglianze e nuove povertà della Fondazione.
Alex voleva andare all’università, ma il suo desiderio rischiava di non potersi realizzare, a causa di alcuni problemi economici: il papà di Alex aveva perso il lavoro e la famiglia, che intanto si era allargata, poteva sostenersi solo con lo stipendio della mamma.
È da storie come quella di Alex che è nata l’idea delle borse di studio della Casa della Carità che, grazie al contributo di alcune donatrici e donatori, sostengono la formazione di persone desiderose di proseguire gli studi oltre la scuola dell’obbligo, ma che rischiano di non poterlo farlo a causa di una precaria situazione socio-economica.
Grazie a questo progetto, oggi Alex studia Sociologia all’università. Gli abbiamo chiesto di raccontarci il suo percorso.
Ti è sempre piaciuto studiare?
Non sempre… per fortuna mia madre è sempre stata fissata con la scuola. Mi ricordo che da piccolo chiamavo spesso per uscire prima e farmi venire a prendere a scuola. Ma lei non è mai venuta. E per fortuna, perché ho visto altre situazioni di ragazzi che sono lasciati a se stessi dai genitori.
Quando hai deciso che volevi andare a università?
Il mio pensiero iniziale era di finire le superiori e basta. E non sapevo nemmeno se le avrei finite nell’anno in cui ero in quinta, perché andavo male anche per via dei problemi della mia famiglia. Invece poi ce l’ho fatta ed è stata Donatella (De Vito, ndr) a chiedermi che cosa avrei voluto fare dopo. Così abbiamo iniziato a vagliare un po’ di possibilità.
E come mai hai scelto proprio Sociologia?
Alle superiori ho frequentato un istituto tecnico a indirizzo economico, ma non mi interessava proseguire in quel percorso. Allora Donatella mi ha mostrato alcune alternative e mi ha raccontato che lei aveva studiato sociologia. Io ho visto quello che fanno lei ed Elisabetta (Rossi, responsabile del Centro di Autonomia Abitativa che la Casa realizza insieme al CeAS – Centro Ambrosiano di Solidarietà, ndr) e gli altri operatori, come aiutano le persone. E ho pensato “Cavolo, vorrei fare anche io la stessa cosa, mi piace”. E allora ho deciso di prendere la strada della sociologia.
Nel futuro, dopo l’università, cosa ti immagini di poter fare?
Vorrei lavorare con Donatella, perché mi appassiona il lavoro che fa. Io sto già lavorando con lei al CeAS come custode e quindi sto conoscendo quella realtà. Ed è bello vedere gli operatori che cercano delle soluzioni ai problemi delle persone ospiti… Vorrei farlo anche per il semplice fatto di aiutare le persone, perché ci sono passato pure io, quindi so quello che passa una famiglia in difficoltà.
Hai già in mente un argomento per la tua tesi?
Vorrei presentare un elaborato sui Rom. Ancora non so quale tema approfondire nello specifico, ma mi piacerebbe parlare dei Rom. Già adesso ho presentato un elaborato e sto facendo interviste ad alcune persone Rom per un progetto europeo con l’università.
Se dovessi descrivere a una persona che non conosce casi di ragazze e ragazzi che vogliono proseguire in un percorso di studi, ma non hanno le capacità economiche per farlo, cosa diresti di questa possibilità delle borse di studio?
Direi che è un’opportunità bella grande, perché non tutti hanno questa chance. Di casi come i miei ce ne sono tantissimi: ho amici, anche italiani, che non hanno continuato gli studi perché economicamente non potevano. Io mi reputo fortunato e in un certo senso questa è anche una cosa che mi sprona di più a studiare.
Casa della Carità è come un salvagente e per me e la mia famiglia lo è stata due volte. È un punto di arrivo che diventa un punto di partenza. Personalmente e come famiglia dobbiamo molto alla Casa. Senza di loro non sarei la persona che sono oggi.
[L’immagine di apertura non rappresenta Alex. La foto è di Priscilla Du Preez 🇨🇦 su Unsplash]