Abbiamo trascorso alcune ore in compagnia di ospiti e operatori di Proviamociassieme, un progetto di sostegno all’abitare autonomo di persone con disagio psichico, realizzato dalla Casa della Carità nel quartiere Molise-Calvairate
Nella saletta verde al numero 5 di via Molise il via vai è continuo. C’è Antonio, assiduo frequentatore di Proviamociassieme, arrivato per le prove di danza. Ci sono Mario e Riccardo, che hanno appuntamento per un colloquio. C’è Tiziana che si ferma sulla porta, curiosa di vedere che cosa succede oggi al “centro”.
Il “centro”, come lo chiamano gli ospiti, è la sede di Proviamociassieme, un progetto di sostegno all’abitare autonomo di persone con disagio psichico, realizzato dalla Casa della Carità nel quartiere Molise-Calvairate.
UN PUNTO DI RIFERIMENTO IMPORTANTE
Per Antonio, Mario, Riccardo e Tiziana, e per tanti altri residenti della zona, Proviamociassieme è un vero e proprio punto di riferimento. «Da quando vengo qui ho trovato beneficio, la mia vita è cambiata da così a così. Sono contento. E se un giorno lo tireranno via, non so come potrei fare. E come me sono tanti che senza il centro non saprebbero come fare», racconta Antonio.
Proviamociassieme ha infatti creato un luogo di incontro, la cui porta è aperta a tutte quelle persone che, pur avendo un disagio, esprimono il desiderio di incontrarsi, di trovare un luogo in cui essere accolti, ascoltati e condividere momenti di convivialità.
Tra chi frequenta costantemente il centro, chi viene seguito per il supporto psicologico o chi fa riferimento agli operatori per eseguire piccoli lavori in casa, sono oltre un centinaio le persone che gravitano attorno a Proviamociassieme.
«Per i numeri che abbiamo raggiunto, e anche per ovviare ai limiti di capienza dovuti alla pandemia, avremmo bisogno di una sede più grande. Quella attuale, a cui siamo molto affezionati, è ormai troppo piccola e ha una serie di problemi e limiti strutturali che non la rendono adeguata a un’accoglienza dignitosa. Ci stiamo attrezzando per far fronte a questa situazione, con un impegno non da poco da parte degli operatori», spiega Emanuela Costa, assistente sociale e operatrice di Proviamociassieme.
L’IMPATTO DELLA PANDEMIA
L’impatto della pandemia sulle attività di Proviamociassieme è stato molto forte: «Prima facevamo la festa in piazza, la festa di Natale, la grigliata, i film… facevamo un sacco di cose. Adesso troviamo il modo di fare lo stesso delle attività, anche se in modo diverso», racconta sempre Antonio.
Pure la modalità di accoglienza delle persone è inevitabilmente cambiata. Se prima ci si incontrava principalmente durante l’orario di apertura del centro, con il covid è stato avviato un lavoro di sostegno da remoto, per esempio attraverso le telefonate o i messaggi su whatsapp, che consentono un orario più flessibile durante tutta la giornata e un monitoraggio costante da parte degli operatori, condiviso anche con il CPS-Centro Psico Sociale di zona e le altre realtà con cui Proviamociassieme si interfaccia.
Ed è anche la quotidianità del gruppo a essere cambiata: «Per salvaguardare chi frequenta il centro e chi ci lavora, all’entrata svolgiamo una necessaria operazione di “triage” (controllo della temperatura, igienizzazione mani, verifica della presenza di sintomi ecc…), che, per un luogo come il nostro, deputato all’accoglienza e all’inclusione, è un vincolo rilevante», dice Emanuela.
«Negli anni, grazie anche all’attività de i Baldanzosi, abbiamo imparato a essere più fisici. Adesso, purtroppo, tutto è ridotto al gomito e la mascherina nasconde anche il sorriso», aggiunge Federico Manzionna, psicoterapeuta, operatore di Proviamociassieme.
RITROVARE IL PROTAGONISMO
Oltre a questi aspetti, il covid ha segnato una battuta d’arresto importante per Proviciamociassieme, che da sempre opera mettendo al centro il protagonismo dei cittadini/utenti. Ma ha anche aperto a nuove opportunità.
«Prima del Covid, per esempio, erano previsti anche dei momenti di autogestione della sede, una cosa di cui andavamo particolarmente fieri. Adesso non si può pensare di chiedere all’utente la responsabilità di gestire il centro in autonomia, perché è richiesto un livello di attenzione che rende meno spensierate alcune azioni», spiega Emanuela.
«Tuttavia – continua – non vogliamo aspettare che finisca il covid per tornare a come eravamo prima. Abbiamo capito che siamo in una nuova fase e stiamo provando ad affrontarla mettendo in campo nuovi strumenti, creativi e resilienti, che non ci facciano sentire in attesa, ma nuovamente protagonisti».
Per esempio, una signora del gruppo ha assunto il ruolo di “segretaria”: aiuta nell’accoglienza degli utenti, si occupa di prendere gli appuntamenti e comunicare con i compagni.
I BALDANZOSI
Proviamociassieme propone un modello di riabilitazione che va oltre l’intervento sanitario, coinvolgendo e aggregando gli ospiti intorno a un progetto comune: la realizzazione di un prodotto artistico, di un film, la creazione di una coreografia.
Negli anni, Proviamociassieme ha realizzato diversi cortometraggi e un lungometraggio e ha dato vita alla compagnia di danza “I Baldanzosi”, composta da ospiti e operatori del progetto.
Prima che scoppiasse la pandemia, i Baldanzosi avevano iniziato a progettare uno spettacolo sulla storia del musical. Se, per il momento, hanno dovuto accantonare questo progetto, non si può certo dire che il gruppo si sia fatto fermare dal covid.
«In questi mesi in cui non abbiamo potuto ritrovarci tutti insieme per provare, anche se siamo sempre rimasti in contatto, abbiamo virato sulla realizzazione di brevi video, che pubblichiamo sul nostro profilo Instagram», spiega Federico animatore dei Baldanzosi, insieme a Emanuela Costa e Valentina Saffioti.
I video delle “pillole baldanzose”, quelli della rubrica “GPS – guida a una psichiatria sostenibile” (appena conclusa) e quelli del venerdì di “Una musica può fare” sono davvero piccoli capolavori che, con ironia, e autoironia, affrontano temi importanti.
«L’obiettivo è avvicinarci a chi ci segue e raccontare a modo nostro il mondo della salute mentale. C’è chi del gruppo si racconta in prima persona, c’è chi invece contribuisce da dietro le quinte. Questa cosa ci ha fatto conoscere anche a chi non è legato al mondo della salute mentale o da chi pur operando in questo ambito non conosceva il servizio di Proviamociassieme», dice ancora Federico.
E la presenza su Instagram ha anche permesso un’evoluzione al lavoro di produzione di video che ha sempre caratterizzato Proviamociassieme. Ne parla Emanuela: «Una cosa che mancava e che è arrivata con i Baldanzosi è la diffusione. Le nostre produzioni hanno avuto ottimi risultati dal punto di vista clinico, ma rimanevano marginali per quanto riguarda l’impatto sulla società e il territorio».
«Per noi è però importante tenere insieme due aspetti, perché Proviamociassieme si pone come baluardo per parlare di stigma, di discriminazione, per sensibilizzare sul tema della salute mentale e grazie ai social, che sono uno strumento di comunicazione che oggi ha un grande impatto, riusciamo a farlo», dice ancora.
RIPARTONO LE ATTIVITÀ IN PRESENZA
Con il graduale miglioramento dell’andamento pandemico e l’allentamento delle restrizioni, dal 31 gennaio sono finalmente riprese le prove in presenza a piccoli gruppi: «Ci stiamo riavvicinando alla nostra natura ballerina e quindi ora proporremo sempre di più video in diretta, spontanei, per raccontare cosa facciamo e come ci sentiamo», racconta l’operatore.
I ballerini di Proviamociassieme sono una quindicina, ma il gruppo dei Baldanzosi supera le 20 persone se si considera chi partecipa o dà il suo contributo ai video. E altre persone si stanno avvicinando incuriosite, ora che il gruppo ha ripreso a incontrarsi.
All’orizzonte non c’è un nuovo spettacolo, ma qualcosa che si preannuncia comunque molto interessante: «Per evitare la frustrazione, che abbiamo già vissuto varie volte in questi due anni, di mettere in cantiere un grande progetto e poi doverci fermare, abbiamo deciso di fare qualcosa di più facilmente realizzabile, utilizzando la formula dei flash-mob o installazioni all’aperto. Queste possono essere preparate in piccoli gruppi unendo il lavoro sul corpo, la realizzazione dei costumi e un messaggio da costruire insieme agli ospiti», spiega Emanuela.
«Lavorare in gruppo e in presenza, l’interazione con la musica e il ballo, stare in contatto con il corpo sono aspetti del lavoro dei Baldanzosi che ci sono mancati molto, per questo siamo felici di poter riprendere», sottolinea Valentina.