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Rom, il Villaggio Solidale come buona prassi

L’esperienza del Villaggio Solidale, nato come progetto di inclusione sociale e autonomia per famiglie Rom, è stato presentato come buona prassi nel corso del convegno “Accesso alla casa e ai diritti per i gruppi Rom – Sinti – Caminanti”

Il Centro di Autonomia Abitativa gestito dalla Casa della Carità e dal Centro Ambrosiano di Solidarietà ospita famiglie in emergenza abitativa, a cui viene data una possibilità di vita diversa.

Il CAA e il lavoro con queste famiglie nascono dall’esperienza del “Villaggio Solidale”, che la Casa e il CeAS hanno portato avanti, fin dal 2005, con numerose famiglie Rom sgomberate da insediamenti formali e informali.

Con queste famiglie, la Fondazione ha sviluppato percorsi personalizzati con l’obiettivo dell’inclusione sociale, economica e abitativa. Oggi, il “Villaggio Solidale” è considerato una buona prassi, da replicare anche in altri contesti.

E proprio come buona pratica, il Villaggio Solidale è stato presentato nel corso del convegno “Accesso alla casa e ai diritti per i gruppi Rom – Sinti – Caminanti“, promosso – tra gli altri – da Caritas Ambrosiana.

In questo video le storie di alcune persone Rom passate dal Villaggio Solidale.

La voce degli esperti

Nel corso del convegno sono anche stati presentati i risultati del progetto R-HOME (Roma: Housing, Opportunities, Mobilisation and Empowerment), cofinanziato dal programma Rec dell’Ue, che ha coinvolto cinque paesi, tre contesti metropolitani (Milano, Barcellona e Parigi) e due di provincia rurale (in Romania e Ungheria).

Il professor Tommaso Vitale, docente di sociologia a Sciences PO – Istituto universitario di studi politici di Parigi e curatore della ricerca Intrappolati in un tugurio, che contiene gli esiti del progetto, ha spiegato che il livello di povertà abitativa tra i Rom è «straordinariamente alto» ma che «in tale povertà non c’è alcun fattore culturale, piuttosto l’effetto cumulativo di forme strutturali e violente di discriminazione».

La professoressa Patrizia Farina, demografa dell’Università di Milano Bicocca, ha invece evidenziato che spesso le situazioni di esclusione abitativa nascono anche dall’assenza di conoscenza delle regole e delle opportunità di accesso all’edilizia pubblica e privata o dal non essere interni a reti associative e di rappresentanza. Anche nella minoranza Rom, infatti, vi sono gradi diversi di inclusione e vulnerabilità, e accade che le politiche e i progetti non riescano a raggiungere proprio gli “ultimi tra gli ultimi”.

Essenziale, a questo proposito, ha ricordato Annabel Carballo, della Fondazione delle associazioni gitane di Catalogna, è il lavoro di empowerment, cioè di formazione e di rafforzamento delle consapevolezze e conoscenze che va condotto con i soggetti e i gruppi rom.


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