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Immigrazione, agire si può

Immigrazione, agire si può. Le soluzioni ci sono. Occorre ora trovare il coraggio di metterle in pratica.

Nel 2015 fu l’immagine straziante del corpicino senza vita del piccolo Alan Kurdi sulla spiaggia di Bodrum in Turchia.

Meno di un anno fa, era il luglio 2020, quella del cadavere di uomo naufragato, il cui cadavere era stato lasciato in balia delle acque per due settimane, nonostante le segnalazioni di chi lo aveva avvistato alle guardie costiere di tre Paesi: Italia, Malta e Libia.

In questi giorni, sono le foto, pubblicate dalla ONG Open Arms, dei tre migranti – un neonato, un bambino e una donna – i cui corpi sono stati restituiti dal mare sulle coste della Libia.

Allora come oggi, si versano lacrime. Ci si dice che sono immagini inaccettabili e che questi fatti non devono accadere mai più.

Ma l’indignazione di oggi si consuma nell’istante di uno scatto e domani la notizia è già sorpassata da un’altra. Così, nell’indifferenza o nella rassegnazione, aumentano le storie disperate di uomini, donne e bambini che cercano protezione e futuro e trovano invece morte. A noi, sulla sponda “fortunata” del mare, arrivano solo i loro corpi.

Non basta indignarsi, bisogna agire

Come afferma Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, «non c’è più tempo per l’indignazione a orologeria. Occorre un risveglio collettivo da fare tutti insieme, governi e società civile».

È sempre più urgente allora ripristinare un’operazione di ricerca e soccorso in mare vera, che veda l’impegno dell’Europa che, occorre ricordarlo, è fondata sui principi della solidarietà e del rispetto della dignità umana.

E non è più rimandabile l’apertura di vie legali di accesso. Siano i corridoi umanitari, come quelli organizzati dalla CEI o dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, che già esistono ma che andrebbero organizzati a livello europeo. Siano, come chiediamo ormai da 4 anni con la campagna Ero Straniero, canali di ingresso per lavoro superando, nel caso dell’Italia, una legge ormai ampiamente inadeguata come la Bossi-Fini.

Ma non basta. Lo diciamo da sempre, sull’immigrazione serve un cambiamento culturale. Perché, come dice Papa Francesco nella sua ultima enciclica “Fratelli tutti”, «i migranti possiedono la stessa intrinseca dignità di qualunque persona».

E allora dobbiamo smetterla di considerarli «di minor valore, meno importanti, meno umani» e quindi di giudicare le loro morti inevitabili. Non è così, come afferma, in suo articolo su La Stampa del 26 maggio, Emma Bonino, con la quale nel 2017 abbiamo dato vita alla campagna Ero Straniero.

Agire si può. Le soluzioni ci sono. Occorre ora trovare il coraggio di metterle in pratica.


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