In occasione della Giornata del rifugiato del 20 giugno, con Peppe Monetti, responsabile dello sportello legale della Casa, abbiamo visto quali sono state le conseguenze della pandemia per i rifugiati.
Il 20 giugno si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato, appuntamento annuale promosso dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni di oltre 80 milioni di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati nel mondo.
Anche quest’anno, la Giornata cade in un contesto ancora fortemente segnato dalla pandemia di Covid-19, che ha avuto un impatto notevole anche sulla vita dei rifugiati.
Ne abbiamo parlato con Peppe Monetti, responsabile dell’Area Accoglienza della Casa della Carità, oltre che dello sportello di tutela legale della Fondazione che, dopo la chiusura durante il primo lockdown, da giugno 2020, ha ripreso a lavorare a pieno ritmo, con tutti i necessari accorgimenti dettati dalla situazione sanitaria.
Lo sportello di tutela legale
Lo Sportello legale è uno strumento per affermare i diritti di cittadinanza delle persone più fragili, i cui bisogni sono molteplici.
A rifugiati, richiedenti asilo e migranti, lo sportello offre consulenze e supporto relativamente al proprio status giuridico: pratiche per l’ottenimento e il rinnovo del permesso di soggiorno, domanda di protezione internazionale, richieste di cittadinanza, sanatoria, ricongiungimenti familiari.
Covid e rifugiati: la paura per chi è rimasto indietro
«Una cosa che abbiamo notato dal nostro osservatorio – soprattutto in quei rifugiati che sono in Italia da soli, mentre le loro famiglie sono rimaste nel paese d’origine – è un forte desiderio di accelerare il processo di ricongiungimento con loro», esordisce Peppe Monetti.
Due i motivi alla base di queste richieste: «Da una parte le condizioni drammatiche dei paesi da cui provengono, ragione per la quale sono scappati e venuti in Italia a chiedere rifugio. Dall’altra c’è la pandemia. Se infatti da noi la situazione epidemica sta migliorando, in molti altri paesi non è così. Nessuno ne parla e spesso non si dice che la causa è il Covid, ma lì le persone continuano a morire e i vaccini sono stati distribuiti in numeri insignificanti», spiega Monetti.
Seppur per i rifugiati le procedure per il ricongiungimento sono molto facilitate, poiché non si deve dimostrare di avere un reddito, ma basta dimostrare il legame familiare, la pandemia ha rallentato tutto: per molti mesi le frontiere sono rimaste chiuse e le procedure di ricongiungimento sospese e sono ripartite solo da poco tempo. «E questo in loro ha generato una grandissima ansia», afferma Peppe.
Vaccini per tutti
Sospendere i brevetti su vaccini e cure antipandemiche, affinché siano realmente accessibili a tutti a livello globale.
È la richiesta della campagna europea “Diritto alla cura. Nessun profitto sulla pandemia” cui aderisce anche la Casa.
Le conseguenze economiche della pandemia per i rifugiati
«In quest’ultimo anno, inoltre, abbiamo osservato che la pandemia ha messo in grave difficoltà molte persone che, dopo il percorso per il riconoscimento dello status di rifugiato, avevano finalmente trovato una loro stabilità, pur precaria», racconta Monetti.
La crisi economica innescata dalla pandemia, però, non guarda allo status di una persona. E così, dice Peppe, «allo sportello mi capitato di rivedere ragazzi rifugiati, che avevamo incontrato e seguito qualche anno fa per la domanda d’asilo. Sono tornati alla Casa della Carità a chiedere aiuto, perché avevano perso il lavoro e avevano bisogno di beni di prima necessità».
Se queste persone non hanno il problema – che ha invece chi possiede un permesso di soggiorno per lavoro – di diventare irregolari perdendo la propria occupazione, lo status di rifugiato non garantisce però la sicurezza economica.
Scopri i consigli della Biblioteca del Confine per la Giornata del Rifugiato.
[In copertina: l’accoglienza dei profughi realizzata nel 2016 dalla Casa della Carità in collaborazione con la parrocchia e l’oratorio di Bruzzano. Foto: Marco Garofalo]