Dentro la valigia di ogni persona senza dimora si cela un bisogno di accoglienza, ma non tutte le valigie hanno lo stesso peso.
Molte delle persone che frequentano il servizio docce della Casa della Carità portano con sé delle valigie. C’è chi arriva con un trolley e chi con uno o più borsoni. C’è chi ha i bustoni di vari supermercati e chi il carrellino che di solito usano le “sciure” per andare a fare la spesa al mercato. Qualcuno, addirittura, è arrivato con un carrello.
Dentro questa moltitudine di bagagli ci sono spesso tutte le cose che possiedono queste persone, molte delle quali vivono per strada o in edifici abbandonati. «Se dentro tutte le valigie si cela un bisogno di accoglienza, non tutte hanno lo stesso peso», afferma Ciro Di Guida, responsabile del servizio docce.
La valigia di Lilli, segno di libertà
«Penso a Lilli, una donna ucraina di 55-60 anni arrivata in Italia da diversi anni, già prima della guerra. Quando viene per la doccia, si porta sempre due bagagli dove ha tutto ciò che è essenziale – vestiti, coperte, qualcosa da mangiare – ma ha anche trucchi e una tinta per capelli. Queste cose possono apparire frivole, poco importanti per una persona che vive per strada e invece sono cose che dimostrano che Lilli, nonostante viva in una situazione di disagio, tiene alla sua cura e quindi porta queste cose sempre con sé. Ricordo una volta, c’era il barbiere che tagliava i capelli agli ospiti delle docce, e lei ha chiesto: “Sì, ma il colore quando lo facciamo?”. Oppure mi chiede: “Se ti capita qualche trousse, me la tieni da parte?”».
Per Lilli la valigia è anche un oggetto di libertà: «Ogni tanto ci dice che va a Parigi, chissà se è vero. Comunque è una persona che si sposta spesso e quindi per lei queste due valigie sono l’oggetto che le permette di muoversi, portandosi dietro tutto ciò che le serve, senza essere legata a un luogo. Rappresenta il cammino della sua vita. Le fa dire: “Posso muovermi liberamente e fermarmi dove voglio”. Sembra contenta e appare alleggerita da tanti problemi e preoccupazioni che magari abbiamo noi, anche quando viaggiamo per vacanza e ci portiamo cose che non ci servono a nulla. Quindi in questa valigia, anche se appartiene a una persona senza dimora, può esserci tanto di positivo, perché a lei basta un posto tranquillo, dove fare una doccia e prendersi cura di sé, per sentirsi a casa», dice Ciro.
Il peso delle valigie per le famiglie senza dimora
Lo stesso non vale per le famiglie che rimangono senza casa e arrivano alle docce: «Una famiglia, soprattutto quando ci sono dei bimbi, ha bisogno di stabilità e quindi le valigie che si portano dietro sono un peso, sia in senso fisico che metaforico. C’è dentro la disperazione di chi non ha un posto dove far crescere i propri figli, c’è dentro la tristezza. Vediamo che spesso se le trascinano queste valigie, dove probabilmente c’è tutto quello che hanno potuto portare lasciando il posto in cui vivevano. E magari la valigia gli rammenta quello che hanno lasciato indietro, ci sono i ricordi, le mancanze», racconta l’operatore.
Anche i quei pochi bambini che arrivano alle docce con le famiglie hanno il loro piccolo bagaglio. Dice Ciro: «Loro forse sentono meno la pesantezza della situazione e sono felici di avere con sé quello zainetto, che si tengono stretto, con i loro giocattoli, che rappresenta anche la loro incoscienza e la loro innocenza».