Storie

Profughi ucraini, una nuova accoglienza

Dal 21 gennaio 2023 la Casa, in collaborazione con Proges Cooperativa Sociale, ha avviato un nuovo progetto di accoglienza per profughi ucraini. Tra loro c’è Kateryna.

16 donne e 13 minori. Sono gli ospiti del nuovo progetto di accoglienza per profughi ucraini, che la Casa della Carità, negli spazi messi a disposizione da Proges Cooperativa Sociale nel Quartiere Adriano, ha avviato lo scorso 21 gennaio.

Questo progetto si aggiunge a quello avviato nel marzo 2022 in collaborazione con il CeAS – Centro Ambrosiano di Solidarietà che in via Pusiano, nel quartiere di Cimiano a Milano, dà oggi ospitalità a 38 persone in fuga dalla guerra in Ucraina.

Profughi ucraini un anno dopo

A poco meno di un anno dallo scoppio del conflitto, la Casa della Carità è tornata ad aprire le sue porte ai profughi ucraini. «In questo caso si tratta di persone che erano già a Milano da diverso tempo ed erano ospitate da altre organizzazioni cittadine o da famiglie», spiega Fatmah Mohamed, operatrice del progetto di accoglienza.

«Sono tutte madri con figli e, in un caso, c’è un nucleo composto da nonna, figlia e nipote. In questo momento stiamo lavorando per sistemare la loro situazione documentale, perché solo la metà di loro ha la protezione temporanea assegnata un anno fa ai profughi ucraini. I minori sono stati inseriti nelle scuole e le adulte, che da questo punto di vista erano un po’ indietro, stanno seguendo i corsi di italiano proposti dall’Associazione Villa Pallavicini», aggiunge.

Kateryna, che sogna di lavorare con i bambini

Tra le persone ospiti di questo nuovo progetto c’è Kateryna, 19 anni. La data del suo arrivo in Italia da una città del Donbass la ricorda perfettamente: 6 aprile 2022. Da allora, insieme alla mamma, è stata prima ospite a Carate Brianza e da 6 mesi è invece a Milano.

«In Ucraina studiavo pedagogia e la mamma lavorava, ma con la guerra ha perso il lavoro», racconta Kateryna, cercando nella sua mente le parole in italiano apprese quest’anno. Raccontare tutto in un’altra lingua, però, è difficile e così la chiacchierata con lei prosegue con l’aiuto del traduttore online.

Kateryna la si incontra tutte le mattine alla Biblioteca del Confine o nell’ufficio di Chiara Mazzucco, la bibliotecaria, con cui la ragazza è entrata in confidenza. Testa bassa sul telefonino con fogli e quaderni davanti, Kateryna continua a seguire a distanza le lezioni del corso di pedagogia che aveva iniziato in Ucraina.

«Ero già abituata a seguire le lezioni a distanza a causa del Covid. Ma con la guerra è diverso, è più difficile, perché spesso agli insegnanti salta la connessione internet o la corrente», racconta. Alcuni compagni e insegnanti sono fuggiti all’estero, soprattutto in Germania, con le famiglie, ma la maggior parte è rimasta in Ucraina: «Per tutti loro è molto dura», dice la giovane.

A parte l’estate torrida, Milano le piace e, qualora imparasse bene l’italiano e ne avesse la possibilità, a Kateryna non dispiacerebbe rimanere in città per continuare a studiare e iniziare a lavorare con i bambini: «Il mio titolo però non è riconosciuto in Italia e quindi dovrei fare altri studi».

E infine, quando le si chiede che cosa le manca dell’Ucraina non c’è una risposta particolare ma, con semplicità disarmante, Kateryna dice: «Prima della guerra avevo tutto, non avevo bisogno di niente».

Approfondisci

  • Leggi l’intervista a Gabriele Destefani, responsabile del progetto di accoglienza per profughi ucraini di via Pusiano. Clicca qui.
  • Leggi la storia di Valentyna, raccontata da Maddalena Savorana, operatrice del progetto di accoglienza per profughi ucraini di via Pusiano. Clicca qui.
  • Leggi la riflessione di don Virginio Colmegna sul tema della pace, a un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina. Clicca qui.

[L’immagine in apertura si riferisce al progetto di accoglienza dei profughi ucraini di via Pusiano]


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