Storie

Cira, che ha potuto posare le sue valigie

Per 12 anni senza una casa, Cira è stata accolta in via Brambilla e oggi ha una casa tutta sua, dove ha potuto posare le sue valigie.

Cira è una donna di 64 anni che ha dovuto affrontare moltissime sfide fin da quando era giovanissima. A prima vista, con i capelli biondi perfetti, il trucco curato e la sua espansività, non si direbbe che possa portare dentro tanta sofferenza. Eppure per molti anni, Cira ha vissuto con le valigie sempre in mano.

Dopo un’accoglienza di due anni alla Casa della Carità, Cira ha ottenuto una casa popolare. Finalmente ha un posto tutto per sé, dove ha potuto disfare quelle valigie. Bagagli carichi di vestiti, di oggetti, di foto, ma anche di tanta sofferenza.

Cira e le sue valigie piene di sofferenza

Incontriamo Cira appena rientrata da una giornataccia passata per la gran parte in attesa di fare una TAC. Ci chiede se possiamo aspettarla per qualche minuto, perché ha bisogno di mettersi un po’ più comoda prima di raccontarci la sua lunga e difficile storia, che comincia quando, giovanissima, rimane incinta di un uomo già sposato.

Decide allora di partire per Milano per trovare un lavoro e crescere sua figlia da sola. Dopo qualche tempo, conosce un uomo di cui si innamora e con cui decide di sposarsi. Da questo matrimonio nasceranno altri due figli, un maschio e una femmina. La primogenita intanto è cresciuta e ha a sua volta una figlia con il fidanzato dell’epoca. Lei aveva 15 anni, lui 18. Forse è stata una decisione avventata quella di avere una bambina così giovani e dopo un po’ la loro storia finisce. Dopo qualche anno, la ragazza incontra un altro uomo, che accoglie a casa sua. Ma la loro storia dura solo alcuni mesi, perché una notte quest’uomo, violento e possessivo, la soffoca e la butta giù dal quarto piano di un palazzo della periferia milanese. Aveva solo 26 anni.

Cira ha raccontato tante volte la storia della figlia, ma ogni volta che ne parla si commuove: «È stato un dolore grandissimo, una cosa che non si può spiegare… è come avere perso un pezzo del… un organo del tuo corpo», dice.

Nonostante la sua vita, dalla morte della figlia in poi, sia stata piena di violenza e difficoltà, questa sarà l’unica volta in cui la vedremo commuoversi. Cira appare come una donna energica, allegra e chiacchierona, che non mostra mai la sofferenza che si porta dentro: «Quando è successo, non piangevo mai davanti ai miei figli; io mi mettevo da sola e piangevo, andavo al cimitero e piangevo, però davanti ai miei figli non ho mai mostrato la mia sofferenza perché non volevo che i miei figli dovevano soffrire dietro a me».

Quei figli a cui, dopo la morte della primogenita, è ancora più legata e ai quali ha sempre paura possa succedere qualcosa.

L’uccisione della figlia le cambia inevitabilmente la vita:  «Da lì mi sono lasciata un po’ andare, non ho voluto sapere più niente di nessuno, ero nel mio dolore, vedevo tutto nero. Il mio pensiero alla mattina era andare da mia figlia al cimitero, dovevo stare lì tutti i giorni, due volte al giorno».

La donna si sente responsabile della morte della figlia perché, nel periodo precedente al suo femminicidio, non era riuscita a starle accanto, dal momento che il compagno di Cira le impediva di vederla o di invitarla a casa.

Il rapporto quindi si incrina e Cira decide di separarsi. Ma i soldi sono pochi, così lui rimane a vivere nello stesso appartamento e insiste sempre di più sul tornare insieme, diventando anche violento. Finché una mattina Cira si sveglia e lo trova seduto sul letto accanto a lei e alla figlia più piccola, che allora aveva 8 anni, con un’accetta in mano. La donna cerca di calmarlo, gli dice che ha ragione e che presto torneranno insieme, deve solo riprendersi dal lutto. Lui ci crede e si calma, ma appena esce dalla stanza, Cira sveglia sua figlia e fugge via. «Non so come ho avuto la forza di fare quel gesto», racconta.

12 anni senza una casa propria

Cira trascorrerà 12 anni senza una casa propria. Torna a Napoli, la sua città d’origine, e viene ospitata da alcuni parenti, ma si rende conto che, senza un lavoro, dopo un po’ diventa un peso per loro. Così prende un treno e torna a Milano, dove ci sono altri familiari. Prova anche a chiamare la polizia per tentare di riavere la casa, ma essendo il suo ex compagno ancora residente lì, non si può fare nulla.

Gli anni passano, i suoi figli diventano grandi e si fanno una loro vita, mentre Cira riesce a fare solo dei lavori saltuari che non le permettono di vivere da sola. «Camminavo sempre con una valigia in mano, da Quarto Oggiaro a Baggio, da Baggio a Niguarda, da Milano e Napoli e poi di nuovo a Milano… ».

Una mattina, mentre è ancora ospite di parenti ed era appena uscita dalla doccia, un familiare la aggredisce. Cira scappa di nuovo. Questa volta è sfinita; ricade in depressione, ma trova la forza di chiedere aiuto ai servizi sociali del Comune e a una psichiatra.

Da via Brambilla a una casa tutta sua

Così, due anni fa, arriva alla Casa della Carità. «Devo dire che quando sono entrata, ho percepito subito una serenità totale. Ho pensato di essere in pace, al sicuro, senza qualcuno che mi cacciasse via, mi facesse la faccia brutta o mi trattasse con violenza».

Cira con il gruppo anziani della Casa

Cira ha finalmente un posto sicuro dove vivere, anche se deve condividere la stanza con altre donne ospiti. Ha trovato amiche e amici e una seconda famiglia: «Ci sono dei momenti che mi rinchiudo e magari sto in camera, mi guardo il tablet; altre volte sto con gli altri ragazzi, fumiamo una sigaretta, ci facciamo una risata, una chiacchierata. O non so, andiamo a farci un giro fino a Loreto, quando devo andare a comprare il tabacco, che quello lo vende a meno e allora, con la scusa delle sigarette, ci facciamo un giro», racconta Cira.

Purtroppo Cira ha diverse problematiche che impattano sulla sua salute fisica e per questo spesso va in ospedale per degli accertamenti, impedendole anche di trovare un lavoro stabile, ma, quando riesce, è sempre felice di stare qualche ora a casa di anziani che hanno bisogno di supporto e compagnia o insieme ai nonni alle nonne che frequentano il centro diurno della Fondazione.

Dopo due anni di accoglienza, a metà 2024 Cira ha ottenuto una casa popolare e ha lasciato via Brambilla. Finalmente ha una casa tutta per lei e ha potuto disfare la valigia che si portava dietro da troppi anni.


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