L’articolo di Manuela Silva è contenuto nel numero 22 di SOUQuaderni.
Introduzione
I disturbi mentali, tra cui ansia, depressione, schizofrenia, e quelli dovuti all’abuso di sostanze stupefacenti, sono tra le principali cause a livello mondiale di malattie e disabilità, con costi importanti in termini di sofferenza e perdita economica. Circa 450 milioni di persone nel mondo soffrono di un disturbo psichico o abusano di alcol o sostanze stupefacenti (OMS, 2001) e si prevede che si tratti di una tendenza in constante aumento a causa, in parte, dell’invecchiamento della popolazione, dell’inasprimento dei problemi sociali e dei disordini civili (Patel et al, 2018). Queste stime non includono coloro che potrebbero soffrire di disturbi mentali sottosoglia. Pertanto, affrontare i fattori che influenzano lo stato di salute mentale degli individui o delle popolazioni è diventata una priorità a livello mondiale.
I disturbi psichici hanno molteplici cause e, come affermato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, “il benessere mentale o psicologico è influenzato non solo dalle caratteristiche o dagli attributi individuali, ma anche dalle circostanze socioeconomiche in cui le persone si trovano e dall’ambiente in cui vivono” (OMS, 2012). È sempre più noto che la salute mentale e molti disturbi psichici tra i più diffusi sono ampiamente influenzati dagli ambienti sociali, economici e fisici in cui vivono le persone (OMS e Gulbenkian Global Mental Health Platform, 2014). Questi determinanti sociali includono le condizioni in cui gli individui nascono, crescono, vivono, lavorano ed invecchiano e i sistemi sanitari a cui possono accedere (Allen et al, 2014; WHO & Gulbenkian Global Mental Health Platform, 2014) che elargiscono benefici o svantaggi ,dal concepimento fino alla vecchiaia (Patel et al, 2018). I determinanti sociali che possono influenzare la salute mentale di un individuo comprendono cinque domini chiave (demografico, economico, vicinato, ambientale e sociale o culturale) che agiscono su livelli distali e prossimali (Patel et al, 2018). I livelli distali si riferiscono alle strutture a monte della società (ad es. opportunità economiche) mentre i livelli prossimali al modo in cui queste disposizioni sono vissute da individui e famiglie (ad es. condizioni di vita) (Patel et al, 2018).
La relazione della Commissione sui Determinanti sociali della Salute ha descritto i nessi tra determinanti sociali e risultati sanitari (Commissione sui determinanti sociali della salute, 2008). Dalla sua pubblicazione, i riferimenti nella letteratura scientifica ai determinanti sociali della salute sono aumentati di quasi 20 volte (Shim & Compton, 2018). Vi sono prove crescenti dell’importanza del ruolo dei determinanti sociali nell’eziologia, nel decorso dei principali disturbi mentali e nella creazione di disuguaglianze delle condizioni di salute, quest’ultime definite come differenze nello stato di salute che “sono sistematiche, prodotte socialmente (e quindi modificabili) e ingiuste” (Whitehead & Dahlgren, 2006). Gli svantaggi sociali sono associati a un maggiore rischio di sviluppare un disturbo mentale e a un minore accesso ai servizi e spesso seguono un gradiente sociale che si verifica lungo un continuum che colpisce tutti nella popolazione (Allen et al, 2014; WHO & Gulbenkian Global Mental Health Platform, 2014; Alegría et al, 2018), dove gli individui con uno status sociale inferiore sono più a rischio di ammalarsi rispetto a quelli con uno status più elevato. Reddito insufficiente, basso livello di istruzione, status professionale, difficoltà finanziarie, disoccupazione e sottoccupazione, esperienze infantili problematiche, mancanza di supporto sociale, condizioni sfavorevoli dell’ambiente circostante e disuguaglianza di reddito sono stati identificati come rischi psicosociali che aumentano le possibilità di cattiva salute mentale (Allen et al, 2014; WHO & Gulbenkian Global Mental Health Platform, 2014; Silva et al, 2016; Patel et al, 2018), e influenzano in modo sproporzionato determinati segmenti della popolazione. I disturbi psichici sono, a loro volta, associati alla perdita di reddito, dovuta a scarsi risultati scolastici, e alla riduzione delle opportunità di lavoro e della produttività, provocando un circolo vizioso sfavorevole, ulteriori disturbi mentali, disparità sociali più ampie e trasmissione intergenerazionale della povertà (Alegría et al, 2018; Patel et al, 2018; Antunes et al, 2019).
Indicatori utilizzati nella ricerca
I termini “stato socioeconomico”, “posizione socioeconomica” e “classe sociale” sono ampiamente utilizzati nella ricerca sulla salute (Braveman et al, 2005) e riflettono il riconoscimento diffuso dell’importanza dei fattori socioeconomici nell’analisi dei risultati. Lo “stato socioeconomico” (SES) è stato definito come “la relativa posizione di una famiglia o di un individuo in una struttura sociale gerarchica, basata sull’accesso o controllo su ricchezza, prestigio e potere” (Mueller & Parcel, 1981) o come “un concetto aggregato definito in base al proprio livello di risorse o prestigio rispetto agli altri” (Gallo & Matthews, 2003). È valutato utilizzando misure basate sulle risorse (accesso a beni materiali e sociali, inclusi reddito, ricchezza e livello di istruzione) o misure basate sul prestigio (accesso e consumo di beni, servizi e conoscenze, in relazione al prestigio professionale e all’istruzione) (Gallo & Matthews, 2003). Lo “stato socioeconomico”, SES, può essere valutato a livello di individuo, unità familiare o comunità e in momenti diversi nel corso della vita, essendo alcuni indicatori dello stato socioeconomico piuttosto dinamici.
I determinanti sociali della salute mentale comprendono cinque fattori chiave: demografici (sesso, età ed etnia), economici (reddito, sicurezza alimentare, occupazione, disuguaglianza di reddito e difficoltà finanziarie), vicinato (ambiente edificato, acqua e servizi igienico-sanitari, abitazioni e infrastrutture comunitarie), ambientali (esposizione alla violenza, catastrofi naturali, guerre e migrazioni) e sociali e culturali (capitale sociale, stabilità sociale, cultura, sostegno sociale e istruzione) (Patel et al, 2018).
Reddito, beni materiali posseduti (o standard di vita), stato occupazionale e istruzione sono gli indicatori più comunemente studiati (Gallo & Matthews, 2003). Questi indicatori sono correlati ma non completamente sovrapposti e possono avere un impatto sulla salute attraverso percorsi diversi oltre ad assumere vari significati a seconda della cultura di appartenenza (Araya et al, 2003). Essendo strettamente relazionati tra loro, rendono comunque difficile stimare il diretto legame di ciascuno di loro con la salute.
Istruzione
Il livello di istruzione è forse l’indicatore più utilizzato per definire lo stato socioeconomico (Shavers, 2007). L’istruzione può influenzare l’eziologia di molti risultati sullo studio della salute attraverso percorsi che coinvolgono risorse materiali e il patrimonio di conoscenze di un individuo (Braveman et al, 2005). L’istruzione è stata definita la componente più importante del SES per la sua influenza sulle future opportunità professionali e sul potenziale di guadagno (Shavers, 2007). Le persone con istruzione superiore sono in grado di elaborare meglio le informazioni, hanno una migliore capacità di pensiero critico e si muovono più facilmente nella burocrazia e nelle istituzioni; tutte abilità necessarie per interagire efficacemente con gli operatori sanitari e avere un’influenza sugli altri e sulla propria vita. Potrebbero anche essere più propensi a socializzare con comportamenti e stili di vita che promuovono la salute, avendo accesso a migliori condizioni lavorative, economiche e psicologiche.
Reddito
Il reddito è un indicatore che misura le risorse materiali (Braveman et al, 2005).
Un reddito più elevato consente l’accesso a risorse materiali di maggior qualità, come cibo e alloggio, e la possibilità di utilizzare in maniera più facile e veloce i servizi, alcuni dei quali hanno un effetto diretto sulla salute (servizi sanitari, attività ricreative) altri indiretto (istruzione). I redditi più alti possono anche aiutare a guadagnare una migliore posizione sociale, accrescere autostima e agevolare la partecipazione nella società. D’altro canto, un reddito più elevato (tenendo costante l’istruzione e le altre variabili) può anche significare più ore di lavoro, dunque, più stress, o l’impiego in professioni pericolose, azzerandone quindi i possibili effetti favorevoli sulla salute (Gallo & Matthews, 2003).
Ricchezza
La ricchezza è un altro indicatore che misura specificamente le risorse materiali. La ricchezza generalmente si riferisce alle risorse finanziarie totali di un individuo o di una famiglia accumulate durante la vita (Pollack et al, 2007). La ricchezza include beni e patrimonio netto (Pollack et al, 2007). Per beni si intende il valore monetario accumulato da tutte le fonti ⦋d’entrata⦌ che può essere rapidamente convertito in liquidità (ad es. reddito disponibile e risparmi), oltre a quello che viene convertito meno facilmente (ad es. azioni, obbligazioni, eredità e proprietà immobiliari). Il patrimonio netto è definito come i beni di un individuo meno i debiti in essere. Come per il reddito, i principali effetti della ricchezza sulla salute sono probabilmente indiretti, attraverso la sua conversione in consumo (Braveman et al, 2005). Il reddito sta ad indicare le risorse disponibili in determinati periodi di tempo, mentre la ricchezza misura l’accumulo di tali risorse.
Difficoltà finanziarie
Le ristrettezze finanziarie (o difficoltà economiche) possono essere considerate un indicatore dello status sociale del soggetto (Wang et al, 2010). Un basso reddito porta a ristrettezze finanziarie che può dare origine a disturbi mentali. Gli individui dei gruppi a più alto reddito possono avere difficoltà finanziarie a causa della spesa eccessiva o del tenore di vita condotto impropriamente elevato, e tali difficoltà possono essere considerate come un fattore di stress accompagnato dalla percezione di uno status sociale inferiore.
Occupazione e impiego
Le categorie professionali collocano gli individui all’interno della struttura sociale, definendo così l’accesso alle risorse, allo stile di vita e l’esposizione a rischi psicologici e fisici (Braveman et al, 2005).
Lo stato occupazionale (ad esempio, impiegato/disoccupato/pensionato) è uno degli aspetti di base valutati negli studi di ricerca. Tra gli occupati, le professioni si differenziano per prestigio, qualifiche, privilegi e caratteristiche del lavoro (come lo stress sul lavoro e il controllo sull’attività lavorativa svolta), e ciascuno di questi indicatori dello stato professionale è collegato ai pericoli fisici e psicosociali. Pertanto, questo indicatore fornisce una misura delle condizioni ambientali e di lavoro, dei requisiti decisionali e delle esigenze psicologiche richieste da una determinata tipologia di lavoro.
Status sociale soggettivo
Lo status sociale soggettivo (SSS) è un indicatore della “percezione soggettiva della propria posizione nella gerarchia sociale” (Damakakos et al, 2008).
L’SSS mette in correlazione gli indicatori oggettivi di SES (istruzione, classe professionale e ricchezza) e salute (Damakakos et al, 2008). La ricerca suggerisce che l’SSS “riflette la percezione media dei marcatori standard della situazione socioeconomica” (Singh-Manoux et al, 2003) e include costrutti che le tradizionali misurazioni non valutano ma che potrebbero influenzare plausibilmente la salute attraverso percorsi psicofisiologici che non si evidenziano esplicitamente nelle misurazioni standard di SES. Questi parametri aggiuntivi includono una valutazione individuale di i) sicurezza finanziaria attuale, anteriore e prevista; ii) dimensioni qualitative delle storie educative e professionali; iii) standard comparativi di tenore di vita e abitazione; e iv) possibile prestigio o influenza sociale (Singh-Manoux et al, 2003). È interessante notare che il modo in cui gli indicatori soggettivi e oggettivi di SES sono correlati tra loro può variare sensibilmente a seconda degli individui, popolazioni, culture e paesi diversi. Lo status sociale soggettivo trova importanza nella valutazione della condizione di salute in età avanzata, essendo probabilmente in grado di misurare la soddisfazione ottenuta nel corso della vita e lo status socioeconomico (Damakakos et al, 2008).
Capitale sociale
Il capitale sociale si definisce come la quantità di risorse disponibili per gli individui e le comunità attraverso le relazioni sociali (Kawachi et al, 2002). Sebbene esistano diverse definizioni del termine e di ciò che comprende, la maggior parte dei significati di capitale sociale si riferiscono ad esso come reti di persone che traggono beneficio comune dall’interazione tra loro (Cullen e Whiteford, 2001), come ad esempio “le caratteristiche dell’organizzazione sociale, la partecipazione civica, le norme di reciprocità e la fiducia negli altri che agevolano la cooperazione a beneficio reciproco” (Kawachi et al, 1997). Putnam afferma che “il capitale sociale è costituito da cinque caratteristiche principali, vale a dire: (1) reti (comunità, volontariato, stato, legami personali) e densità; (2) impegno civico, partecipazione e utilizzo di reti civiche; (3) identità civica locale (senso di appartenenza, solidarietà ed uguaglianza con gli altri membri); (4) reciprocità e norme di cooperazione, senso dell’obbligo nell’aiutare gli altri e fiducia nel ritorno dell’assistenza; (5) fiducia nella comunità ”(Putnam, 1993).
La teoria del capitale sociale afferma che esiste una relazione tra la salute mentale e gli elementi del capitale sociale di una comunità. Il capitale sociale può avere sia aspetti positivi (fiducia e reciprocità che facilitano il coordinamento e la cooperazione a beneficio reciproco) sia aspetti negativi (esclusione, disparità di distribuzione del potere ed eccessiva domanda da parte dei membri) (Cullen & Whiteford, 2001).
Determinanti sociali sulla salute mentale
Nel 1885, Edward Jarvis, un epidemiologo del Massachusetts, espose i risultati del suo studio sulla diffusione dei disturbi psichiatrici (Jarvis, 1855). La sua scoperta più sorprendente fu che “la classe più povera conta, in proporzione, un numero di casi di pazzia sessantaquattro volte più alto rispetto a quella più ricca” (Jarvis, 1855).
Nonostante i cambiamenti nei concetti e nei metodi utilizzati per definire i casi e misurare lo stato socioeconomico, recenti ricerche continuano a dimostrare che gli individui appartenenti alle classi più povere e svantaggiate soffrono in modo sproporzionato di una serie di risultati negativi sulla salute mentale, inclusi disturbi mentali comuni, psicosi e suicidio (Allen et al, 2014; WHO & Gulbenkian Global Mental Health Platform, 2014; Silva et al, 2016; Patel et al, 2018). È stata dimostrata una relazione inversa tra SES e schizofrenia o depressione (almeno nelle donne) e tra SES e disturbi che coinvolgono comportamenti antisociali o abuso di sostanze (almeno negli uomini) (Saraceno & Barbui, 1997; Lorant et al, 2003; Patel et al, 2018). Vi sono anche prove che il decorso dei disturbi è determinato dallo stato socioeconomico dell’individuo (Saraceno e Barbui, 1997). Ciò può essere il risultato di variabili correlate ai servizi, tra cui le difficoltà di accesso alle cure.
Genere femminile, reddito insufficiente, mancanza di sostegno emotivo o sociale, basso livello di istruzione e socioeconomico, disoccupazione, lavoro precario, attività poco remunerate e controllate, indebitamento e restrizioni finanziarie, discriminazione percepita, ambienti e abitazioni degradate, età avanzata ed esperienze di vita negative, sono fattori che portano ad un peggioramento della salute mentale (Allen et al, 2014; Silva et al, 2016; Alegría et al, 2018; Patel et al, 2018). Le avversità economiche esercitano la loro influenza durante l’intero corso della vita di un individuo: la povertà agisce negativamente sullo sviluppo neurologico e sulla salute mentale dei bambini, i bambini che vivono in condizioni socioeconomiche inadeguate hanno un rischio maggiore di soffrire di una malattia mentale in età adulta ed, infine, sappiamo che esiste una relazione tra basso status socioeconomico alla nascita e rischio di psicosi in età adulta (Patel et al, 2018). La ricchezza delle famiglie influenza le difficoltà emotive e comportamentali dei bambini appartenenti alla fascia di età tra i 3 e 5 anni (Allen et al, 2014). La discriminazione, sia essa collegata a razza/etnia, immigrazione, orientamento sessuale e/o status professionale, è stata ripetutamente associata a una serie di disturbi (Alegría, et al, 2018; Patel et al, 2018). A livello mondiale, la nazionalità e lo status di migrazione, hanno dimostrato impatti negativi significativi sulla salute mentale (Alegría et al, 2018). Sebbene, poco dopo il loro arrivo, gli immigrati mostrino in media una salute mentale migliore rispetto alle popolazioni autoctone, questo effetto in genere scompare nel tempo (Salami et al, 2017).
Inoltre, anche alcune caratteristiche che coinvolgono il vicinato, come basso capitale sociale, sfavorevoli condizioni economiche, tasso di disoccupazione, violenza, ambiente edificato e condizioni abitative di scarsa qualità (ad esempio riscaldamento inadeguato o sovraffollamento) vengono associate a problemi di salute psichica (Silva et al, 2016; Alegría et al, 2018). Gli studi hanno poi evidenziato numerose conseguenze avverse per la salute mentale causate da povertà urbana, esposizione alla violenza e alle droghe, esperienza degradante della vita in baraccopoli urbane affollate ed esposizione a catastrofi o altri eventi ambientali negativi generati da conflitti civili o cambiamenti climatici (Patel et al, 2018). Le popolazioni che vivono in Paesi con poca libertà politica, in condizioni sociopolitiche instabili e servizi poco sviluppati sono più vulnerabili e soggette a sviluppare effetti deleteri sulla salute mentale (Allen et al, 2014). La disparità di reddito erode il capitale sociale (compresa la fiducia sociale) e amplifica i confronti sociali e l’ansia da status (Patel et al, 2018).
Sono stati ipotizzati due meccanismi principali per comprendere il legame tra malattia mentale e circostanze sociali inadeguate: causalità sociale e selezione sociale (Sareen et al, 2011). Secondo l’ipotesi di causalità sociale, la posizione socioeconomica ha un ruolo preponderante nel determinare i problemi di salute o emotivi. L’ipotesi della selezione sociale, nota anche come deriva sociale, sostiene che gli individui con una salute fisica o mentale peggiore potrebbero “abbassare” la gerarchia socioeconomica o non riuscire a salire nella posizione socioeconomica come ci si aspetterebbe sulla base delle origini familiari o dei cambiamenti nella ricchezza sociale. Pertanto, secondo il modello di selezione sociale i problemi di salute esercitano un’influenza causale sullo status sociale. Entrambi i percorsi possono verificarsi simultaneamente per produrre disuguaglianze sociali nella salute mentale.
La ricerca esamina anche il modo in cui i fattori sociali “entrano sotto la pelle” e influenzano i risultati sulla salute e sulle malattie (Friedli, 2009). Coloro che occupano una posizione inferiore nella gerarchia sociale hanno maggiori probabilità di soffrire di stress cronico, incluso quello derivante dalle circostanze quotidiane, l’ansia per condizioni di vita insicure o imprevedibili e l’ansia per la percezione di mancanza di controllo, e inoltre possono avere accesso a un minor numero di ammortizzatori socio-economici (Alegría et al, 2018). Studi empirici suggeriscono che lo stress cumulativo attraverso percorsi psicobiologici legati alla fisiologia dello stress influenza gli attributi epigenetici, psicosociali, fisiologici e comportamentali degli individui, contribuendo a risultati iniqui di salute mentale (Allen et al, 2014; Alegría et al, 2018;).
Suggerimenti per l’azione
Esistono soluzioni efficaci per affrontare i determinanti sociali della salute mentale. È essenziale che vengano intraprese azioni per migliorare le condizioni della vita quotidiana, a partire dal concepimento, passando dalla prima alla tarda infanzia, fino all’adolescenza, nell’educazione familiare, durante l’età lavorativa e quella avanzata (Allen et al, 2014; OMS & Gulbenkian Global Mental Health Platform, 2014). Non solo tale azione deve avvenire durante queste fasi della vita, ma anche attraverso vari settori all’interno e all’esterno del paese, con l’obiettivo di eliminare le disparità sociali sistemiche, come l’accesso a opportunità di istruzione e lavoro, cibo sano, abitazioni e quartieri sicuri (Allen et al, 2014; Patel et al, 2018)
I seguenti principi e azioni si basano sul lavoro svolto da un team dell’UCL Institute of Health Equity (Allen et al, 2014), in collaborazione con il Dipartimento di salute mentale e abuso di sostanze dell’OMS e con la consulenza di un gruppo internazionale di esperti (OMS e Gulbenkian Mental Health Platform, 2014), oltre che sulla base del lavoro condotto da “The Lancet Commission on global mental health and sustainable development” (Patel et al, 2018).
1. Universalismo: le disuguaglianze nella salute mentale colpiscono tutti e le azioni devono essere universali, ma calibrate in proporzione al livello di svantaggio.
2. Azione in tutti i settori: i fattori di rischio come quelli di protezione agiscono a diversi livelli e gli interventi di successo sui determinanti sociali della salute mentale derivano dall’azione in più ambiti, come la salute, l’istruzione, la magistratura, l’occupazione, il welfare, i trasporti e l’edilizia abitativa. Sono necessari una leadership efficace e un coordinamento multisettoriale. Numerosi interventi specifici come una corretta somministrazione di acqua e di servizi igienico-sanitari, miglioramenti nella gestione dei rifiuti, aggiornamenti delle infrastrutture energetiche, nuovi mezzi di trasporto, mitigazione dei rischi ambientali e perfezionamento delle abitazioni possono migliorare la salute mentale (Allen et al, 2014). Vivere vicino ad ambienti naturali e impegnarsi in attività all’aperto come camminare, correre, andare in bicicletta e fare giardinaggio riduce stress, ansia e depressione (Allen et al, 2014). Gli interventi a livello comunitario che creano fiducia e sicurezza nel vicinato, mitigano la violenza e il crimine, migliorano i quartieri degradati possono anche ridurre le disuguaglianze che portano a malattie psichiche (Patel et al, 2018). Gli sforzi nazionali per contenere la povertà possono contenere i sintomi depressivi e migliorare l’autostima tra i beneficiari (Patel et al, 2018). È importante che l’assistenza sanitaria di base integri le cure per una corretta salute mentale. La letteratura recente illustra l’impatto positivo dell’investimento e dell’integrazione dell’assistenza sanitaria per le cure della salute mentale nei servizi sociali con l’utilizzo degli operatori sanitari della comunità per attività di sensibilizzazione e gestione dei pazienti (Patel et al, 2018).
3. Approccio basato sul corso della vita: l’interazione tra rischio e fattori protettivi cambia nel corso delle varie fasi della vita. Adottare questo tipo di approccio evidenzia che l’esposizione a condizioni vantaggiose o svantaggiose in ogni fase della vita ha in sé il potenziale per influenzare la salute mentale sia sul breve che sul lungo termine. Le misure che riducono il rischio di sviluppare disturbi mentali tra gli adulti in età lavorativa comprendono la riduzione della disoccupazione di lunga durata, l’aumento della sicurezza sul lavoro, il miglioramento delle condizioni dell’ambiente lavorativo, l’obbligo di salario minimo e la messa a disposizione di programmi di microfinanza (Allen et al, 2014). Coloro che sono impiegati richiedono il sostegno dei loro datori di lavoro per promuovere e sostenere la salute mentale. Mentre, tra gli anziani, gli interventi che aiutano ad aumentare e prolungare i livelli di attività e limitare l’isolamento sociale saranno utili a ridurre i sintomi depressivi (Allen et al, 2014). Gli interventi volti a migliorare la vita familiare e lavorativa nelle persone con malattie mentali hanno dimostrato successo nell’aumentare la stabilità abitativa, il funzionamento della comunità, il benessere percepito, la qualità della vita e l’autostima e nel contenere i tassi di ricovero ospedaliero (Patel et al, 208).
4. Intervento precoce: ogni bambino merita di avere la miglior infanzia possibile. Gli interventi nelle prime fasi della vita di un bambino consentono di massimizzarne il potenziale e garantirne una sana età adulta. I periodi prenatale e perinatale hanno un impatto significativo sulla futura salute fisica, mentale e cognitiva del bambino. Particolarmente importanti sono gli interventi mirati a migliorare la salute mentale e fisica della madre – agendo sulle cattive condizioni ambientali, la salute cagionevole e l’alimentazione non adeguata – nonché quelli che puntano a ridurre l’uso di tabacco, l’abuso di alcol o droghe, lo stress e il lavoro fisico altamente impegnativo. La qualità delle condizioni genitoriali e familiari influisce sulla crescita fisica ed emotiva di un bambino. Scarso attaccamento sicuro, abbandono, abuso, mancanza di stimoli ed esposizione ai conflitti incidono negativamente sul comportamento sociale futuro, sui risultati scolastici, sullo stato occupazionale e sulla salute mentale e fisica (Allen et al, 2014), ma sono potenzialmente riparabili attraverso il sostegno della famiglia e dei genitori, le cure materne, l’assistenza all’infanzia e una buona istruzione. Il sostegno emotivo della famiglia allargata, delle scuole, dei coetanei e delle comunità forti può fungere da cuscinetto e fonte di aiuto (Allen et al, 2014; WHO & Gulbenkian Global Mental Health Platform, 2014).
5. Mente sana e corpo sano: un approccio incentrato sui determinanti sociali della salute dovrebbe considerare le implicazioni per la salute sia mentale che fisica di tutte le azioni che mirano a ridurre le disparità, poiché le condizioni di salute mentale e fisica sono fondamentalmente correlate tra loro.
Dare priorità alla salute mentale: una più ampia consapevolezza e comprensione della salute mentale dovrebbe essere seguita urgentemente da una maggiore allocazione di risorse finanziarie, mediche e umane adeguate e sufficienti per affrontare i disturbi mentali e ridurre le disuguaglianze. Le aree chiave di azione includono:
1. Evitare il breve termine
2. Equità di salute mentale in tutte le politiche sociali
3. Base di conoscenza per impostare l’azione a livello locale
4. Strategie a livello nazionale: “trattare” i determinanti sociali della salute mentale comporta la creazione di politiche pubbliche che promuovono la salute e cambiano le norme sociali per offrire a tutti le stesse possibilità di vivere una vita gratificante e sana (Shim & Compton, 2018). Queste politiche pubbliche comprendono l’alleviamento della povertà, un’efficace protezione sociale lungo tutto l’arco della vita, la riduzione delle disuguaglianze e delle discriminazioni, la prevenzione della guerra e dei conflitti violenti e la promozione dell’accesso all’occupazione, all’assistenza sanitaria, all’alloggio e all’istruzione. Particolare enfasi dovrebbe essere data anche alle politiche relative al trattamento della depressione materna, allo sviluppo della prima infanzia, ai programmi di riduzione della povertà e agli approcci basati sull’evidenza a livello clinico per le persone con disturbi mentali, all’assistenza sociale per i disoccupati e alle politiche sull’alcol (Allen et al, 2014).
Conclusioni
La salute mentale è profondamente influenzata dai determinanti sociali.
Una buona salute mentale è parte integrante della salute umana e del benessere psicofisico, tuttavia, i disturbi mentali sono molto diffusi e hanno gravi conseguenze. La prevenzione, agendo prima che si verifichino i problemi di salute mentale, è importante quanto fare nuovi progressi nei trattamenti. Ciò comporta la promozione e la messa in atto di azioni che favoriscono una corretta salute mentale prevenendone i disturbi: migliorare la situazione economica degli individui, potenziare i rapporti nelle comunità, combattere le problematiche del vicinato e l’isolamento sociale; migliorare le condizioni della vita quotidiana prima della nascita, durante la prima infanzia, in età scolare, durante la crescita familiare, l’età lavorativa e l’età avanzata.
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Foto in apertura: Eugene Zhyvchik on Unsplash