La Casa della Carità ha attivato uno sportello di aiuto e supporto per chi vive in Regione Lombardia e ha difficoltà a prenotare il vaccino contro il Covid.
Dopo le giornate di somministrazione dei vaccini che hanno coinvolto oltre 600 persone, realizzate in collaborazione con Areu e con la sanità militare, la Casa della Carità ha raccolto centinaia di richieste di tanti “invisibili” che vivono nella città di Milano, desiderosi di mettersi al riparo dal Covid.
Per cercare di andare incontro a queste richieste, da lunedì 2 agosto la Casa della Carità ha attivato presso la sua sede di via Francesco Brambilla 10 a Milano uno sportello di supporto per chi ha difficoltà a prenotare il vaccino contro il Covid. Lo sportello riceve su appuntamento, chiamando il numero 3401264360.
Inoltre, sul sito della Fondazione è attiva una pagina che spiega passo per passo la procedura da seguire per la prenotazione del vaccino sul sito della Regione.
Da fine luglio, infatti, la Regione Lombardia ha attivato, sul suo portale e telefonicamente, dei canali che consentono di prenotare anche a chi non ha accesso al sistema sanitario nazionale, poiché sprovvisto di tessera sanitaria o codice fiscale.
Una procedura complessa
Tuttavia, la procedura è piuttosto macchinosa e diventa ancor più complessa per chi ha difficoltà con la lingua italiana.
Per questo motivo, la Casa della Carità si unisce al recente appello dei Tavoli Asilo e Immigrazione a Governo e Regioni, affinché sul vaccino sia promossa una campagna informativa multilingue e ci sia una reale accessibilità ai portali regionali per la prenotazione.
«Siamo contenti che Regione Lombardia abbia attivato dei canali che consentono a tutti di prenotare il vaccino contro il Covid; sappiamo infatti che in altre regioni questo ancora non è possibile. Ma, ancora una volta dobbiamo constatare che il sistema non favorisce l’equità. Questo muro di difficoltà non solo lede il diritto universale alla salute sancito dalla nostra Costituzione, ma consente al virus di continuare a circolare in una fascia di popolazione molto esposta al contagio poiché vive in condizioni di fragilità sanitaria e sociale», commenta don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione.
[L’immagine di apertura è di Matteo Corner]