Elena Marchesi è stata a Trieste e ci ha raccontato la sua esperienza di volontariato nel punto di arrivo della rotta balcanica in Italia.
Come vi abbiamo anticipato nel numero di gennaio della nostra newsletter, dedicato alle storie delle persone migranti che arrivano in Italia attraverso la rotta balcanica, l’operatrice di Casa della Carità Elena Marchesi nelle scorse settimane è stata a Trieste, punto di arrivo in Italia di questa rotta, che dalla Turchia attraversa Grecia, Macedonia del Nord, Serbia e Bulgaria, oppure passa dalla Bosnia Erzegovina, per arrivare in Croazia e poi in Slovenia.
Ecco che cosa ci ha raccontato: «Sono stata a Trieste dal 26 gennaio al 9 febbraio, quindi due settimane, con ResQ che, oltre all’attività di ricerca e soccorso in mare, è impegnata con volontarie e volontari anche a Trieste, principalmente con attività di affiancamento e supporto al centro diurno gestito da ICS – Consorzio Italiano di Solidarietà e Comunità San Martino al Campo».
Supporto ai migranti arrivata dalla rotta balcanica
Il centro diurno, che si trova nei pressi della stazione, è nato per accogliere persone senza dimora già presenti sul territorio cittadino. Negli anni, con l’aumento degli arrivi dalla rotta balcanica, si è aperto anche alle persone migranti, che qui trovano servizi di base, come docce, guardaroba e lavanderia; possono mangiare, stare al caldo e ricaricare il cellulare. Al centro diurno c’è anche la possibilità di seguire lezioni di italiano e accedere a uno sportello legale dove ricevere assistenza sulla domanda di asilo.
«Nelle due settimane in cui sono stata a Trieste, ho offerto il mio supporto in queste attività, mi sono occupata delle lavatrici, della distribuzione dei vestiti, della preparazione di tè caldo… soprattutto ho avuto la possibilità di stare con le persone, entrare nelle loro vite… È un investimento di tempo e di energie che ti permette di creare delle relazioni anche molto forti, quindi poi c’è l’incontro con le persone che ti fanno vedere le foto del viaggio, il video del viaggio».
E tra chi è arrivato dalla rotta balcanica – in questa stagione tra le 50 e le 70 persone al giorno, che triplicano in estate – Elena ha incontrato principalmente persone di nazionalità afghana e pakistana: «Sono persone di diverse età, ma sono soprattutto uomini giovani. Le poche donne presenti non erano mai sole, ma accompagnate da mariti e compagni. E c’era qualche minore non accompagnato. Ci sono di persone appena arrivate, che hanno bisogni basilari, quindi cibo, scarpe e vestiti, e che cercano di capire come muoversi e come accedere all’accoglienza. E ci sono persone che invece hanno già fatto richiesta di asilo e hanno già avuto un primo accesso in questura o comunque hanno fatto i primi passi per i documenti, ma che sono comunque in attesa di entrare nel circuito vero e proprio dell’accoglienza».
L’accoglienza dei migranti a Trieste
E, come noto, chi non riesce ad accedere al sistema di accoglienza, dorme negli edifici abbandonati del Porto Vecchio di Trieste: «Sono delle enormi strutture, dei vecchi magazzini vicino alla stazione, proprio vicino a dove c’era il “Silos”, che è stato sgomberato a giugno, senza però che la situazione si risolvesse, nel senso che le persone che non sono state trasferite o che sono arrivate dopo lo sgombero, di fatto si sono spostate poco più in là nei magazzini», spiega l’operatrice.
Molte persone, racconta sempre Elena, non hanno intenzione di fermarsi a Trieste, quindi neanche accedono al centro diurno, ma arrivano il pomeriggio o la sera e già la mattina dopo vogliono ripartire: «Provano a dormire nella stazione, che però all’una o alle due comunque chiude e quindi si ritrovano per strada. E qui intervengono associazioni come Linea d’Ombra, No Name Kitchen o Fornelli Resistenti, che vanno a dargli da mangiare, coperte e a informarli sul fatto che potrebbe arrivare la polizia a sgomberarli».
Tra i luoghi più significativi per l’accoglienza triestina c’è, sempre nei pressi della stazione, piazza Libertà, che è stata rinominata “piazza del mondo”, proprio perché qui arrivano persone di molte nazionalità. Qui operano diverse associazioni, tra cui Linea d’Ombra, i cui fondatori – Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi – sono stati ospiti della Casa lo scorso gennaio.
Dice Elena: «La piazza è uno dei luoghi più interessanti, perché tutte le sere alle 7 c’è questa distribuzione pasti, scarpe e cure mediche da parte di varie associazioni. La cosa bella è che si tratta di un contesto del tutto informale, destrutturato, dove c’è la possibilità di un incontro vero, come se fosse la piazza del paese. E quindi c’è la gente che mette la musica e si fanno i balli di gruppo afghani, oppure qualcuno porta la palla e si creano queste due squadre che improvvisano una partita di pallavolo. E le persone che sono appena arrivate hanno la possibilità di un primo aggancio».
In piazza, conclude Elena, si vede molto da solidarietà dei triestini: «Ci sono tante persone che, anche se non fanno parte di nessuna associazione, passano, portano il tè, si fermano in piazza. Nel weekend ci sono molti gruppi scout e in generale c’è una buona rete».