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Roma Civil Monitor 1: online la versione italiana

Roma Civil Monitor è il monitoraggio della società civile, per capire come vivono le persone Rom in Europa. La ricerca italiana è coordinata dalla Casa della Carità.

Un’iniziativa continentale, della società civile, col sostegno delle istituzioni, per capire come vivono le persone Rom in Europa e quanto funzionano le politiche in loro favore, a livello comunitario e nazionale. 

Roma Civil Monitor è un progetto pluriennale europeo che tocca 27 stati, è coordinato dall’ateneo ungherese Central European University ed è finanziato dalla Commissione Europea (DG JUSTICE). A portarlo avanti, sul campo, sono oltre 100 organizzazioni della società civile, tra le quali anche la Casa della Carità, capofila della ricerca italiana.

UN MONITORAGGIO DELLA SOCIETÀ CIVILE

La Fondazione ha coordinato il lavoro di monitoraggio della Strategia nazionale di inclusione di Rom, Sinti e Caminanti, insieme a Consorzio Nova, Fondazione Romanì, Associazione 21 Luglio, Arci Solidarietà Onlus e Associazione Rom Sinti Prato. Il monitoraggio è composto da tre diverse pubblicazioni, delle quali la prima è già disponibile in italiano, la seconda è pubblicata in inglese e la terza sta per essere completata. 

Per la Casa della Carità, impegnata in percorsi di accompagnamento e autonomia delle fasce più deboli della popolazione Rom a Milano e in Lombardia sin dal 2005, si tratta di un progetto importante, che conferma la sua scelta di unire attività sociali e culturali, andando ad approfondire e studiare a livello nazionale ed europeo quelle tematiche che la vedono impegnata concretamente ogni giorno. 

LE POLITICHE STENTANO

Purtroppo, però, i primi risultati di ROMA Civil Monitor, sia a livello europeo che a livello nazionale, non sono positivi. Dei circa 10 milioni di Rom che vivono nell’Unione Europea, ancora troppi versano in condizioni di esclusione indegne. E le politiche per cambiare la situazione stentano. 

Per quanto riguarda l’intero continente, il quadro dell’UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020, nonostante definisse il miglioramento delle condizioni di vita dei Rom “un imperativo sociale ed economico per l’Unione e i suoi stati membri”, non è riuscito a migliorarne le condizioni di vita.

Come emerso durante la presentazione della prima annualità del report al Parlamento Europeo, la situazione è molto diversa da Paese a Paese: da un lato, il tema è entrato nell’agenda continentale, ci sono più trasparenza e responsabilità, si sono creati strutture e processi governativi e alcune iniziative sono state lanciate. Dall’altro, però, il quadro pecca di formalismo, si sa ancora molto poco dei risultati ottenuti coi fondi spesi e le azioni messe in campo hanno capacità, efficacia e sostenibilità limitate.

IL CASO ITALIANO

Per quanto riguarda il nostro Paese, bisogna riconoscere che la Strategia nazionale di inclusione di Rom, Sinti e Caminanti è stato un traguardo importante, costituisce un riferimento eccellente per intervenire su questioni come l’anti-discriminazione, l’inclusione sociale e abitativa, istruzione e la salute. Ciononostante, a otto anni dalla sua approvazione nel 2012, ci sono ancora 25mila rom che vivono in campi monoetnici, in condizioni di grave segregazione ed esclusione e la scadenza del 2020 – stabilita per valutare il suo impatto – sarà probabilmente raggiunta senza aver registrato risultati significativi in merito.

Il dato è figlio dei ritardi con cui le Regioni si sono mosse nell’applicazione della Strategia nazionale. Solo 11 regioni su 20 hanno convocato i tavoli di lavoro dedicati all’implementazione della Strategia stessa e, tra queste, solamente l’Emilia Romagna ha varato una legge regionale, con dei fondi specifici, per superare i campi. Si tratta di un’eccezione positiva che stride rispetto all’immobilismo di Lazio e Lombardia, le due Regioni con il maggior numero di Rom in Italia, rispettivamente il 22% e l’11%: in Lazio le consultazioni sono partite solo nel 2015, mentre in Lombardia non sono state ancora organizzate.

Ad oggi, quindi, la Strategia nazionale di inclusione di Rom, Sinti e Caminanti (RSC) è un’occasione persa. Le ragioni sono la scarsa coordinazione tra i diversi livelli istituzionali, la mancanza di volontà politica e i limitati poteri dell’UNAR, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, che è responsabile dell’applicazione della Strategia ma non è dotato di un budget apposito e non ha la facoltà di sanzionare le Regioni inadempienti.

Tra le raccomandazioni suggerite dal rapporto, ci sono quindi il rafforzamento del mandato dell’UNAR e la definizione di una tempistica chiara, che vincoli tutte le Regioni dove devono essere creati i Tavoli Operativi regionali o locali. Altro tema importante è quello delle risorse: la Strategia andrebbe infatti fornita di risorse adeguate dal budget di Stato, la cui allocazione deve dare priorità alle regioni con un numero più elevato di RCS. Occorrerebbe poi promuovere l’inclusione delle popolazioni RSC in programmi socio-politici universalistici contro la povertà e l’esclusione sociale.

UN CONTESTO SEMPRE PIÙ OSTILE

Al tempo stesso, le mancanze istituzionali sono figlie anche di un dibattito pubblico e politico sempre più segnato dall’antigitanismo, il razzismo nei confronti dei Rom che alimenta i pregiudizi, la discriminazione e i crimini d’odio. 

Proprio per questo, sarebbe importante un pieno riconoscimento per legge delle comunità RSC come minoranza linguistica e in merito esistono già diverse proposte. L’approvazione di una nuova normativa avrebbe un valore simbolico ma anche strumentale importante, per combattere le discriminazioni e rafforzare così i percorsi di inclusione.

Fondamentale sarebbe anche investire nella promozione della cultura dei Rom e dei Sinti, focalizzandosi su campagne di contro-discorso e narrativa, piuttosto che su eventi estemporanei. Questo compito non può essere portato a termine unicamente dall’UNAR: un coinvolgimento più importante è richiesto al Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR) e dal Ministero dei Beni Culturali. Il MIUR, insieme agli editori di riferimento, dovrebbe urgentemente revisionare i testi della scuola primaria e secondaria per rimuovere qualsiasi stereotipo antigitano e promuovere la cultura dei Rom e dei Sinti. A questo proposito, il genocidio dei Rom e dei Sinti dovrebbe essere commemorato nel Giorno della Memoria (Legge no. 11 del 2000) e il MIUR dovrebbe impegnarsi per l’inclusione nei libri di testo dei riferimenti ai campi di concentramento italiani e al Porrajmos.


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