Da sempre alla Casa della Carità viviamo quella che don Tonino Bello chiamava “convivialità delle differenze”, che si fa ancor più concreta quando cristiani e musulmani vivono la Quaresima e il Ramadan. Ne abbiamo parlato con due operatori di fedi diverse: Fiorenzo De Molli e Doudou Khouma.
La pace è convivialità.
È mangiare il pane
insieme con gli altri, senza separarsi.
E l’altro è un volto da scoprire, da contemplare,
da togliere dalle nebbie dell’omologazione,
dell’appiattimento.
Da sempre, attraverso la quotidianità della sua azione sociale e culturale, la Casa della Carità ha fatto suo questo insegnamento di don Tonino Bello, che si fa ancor più realtà quando cristiani e musulmani vivono – quest’anno in contemporanea per alcuni giorni – due momenti forti e fondamentali delle rispettive confessioni: la Quaresima e il Ramadan.
Ne abbiamo parlato con due operatori della Casa di fedi diverse: Fiorenzo De Molli e Doudou Khouma.
Una “Quaresima quotidiana”
«La Casa della Carità nasce da un’istanza fortissimamente evangelica. Nel nostro statuto è citata una lettera pastorale, la “Farsi Prossimo” del cardinal Martini. La nostra cappella è il cuore della Casa perché, come un cuore, non si vede, ma c’è ed è un luogo che pulsa, dove ogni domenica viviamo la Pasqua del Signore», spiega Fiorenzo De Molli, ricordando come alla Casa si vivano anche i momenti essenziali della fede: la celebrazione domenicale dell’eucaristia e ovviamente le feste cristiane, dal Natale alla Pasqua.
E naturalmente la Quaresima che, richiamando i 40 giorni nel deserto di Gesù, ma anche i 40 anni dell’esodo degli ebrei, è il tempo che prepara a vivere la Pasqua: «È un tempo tipicamente di purificazione, di ascolto della parola, di conversione, di rinuncia intensa come il distacco dalle cose che contano poco per puntare all’essenziale. E questo secondo me un po’ richiama il Ramadan, che come la Quaresima è un tempo forte di fede», afferma l’operatore.
Ma aggiunge: «A volte in via Brambilla non ci accorgiamo di essere in Quaresima, mentre ci accorgiamo che è Ramadan, perché, oltre a un’attenzione fondamentale alle esigenze di chi pratica il digiuno, c’è una modalità “pubblica” dei nostri ospiti musulmani di vivere la fede, con le persone che stendono il loro tappeto e pregano rivolti alla Mecca. Invece chi è cristiano, anche il più motivato, ha un’altra modalità di vivere la pratica religiosa: nessuno si ferma a pregare in pubblico».
Ma alla Casa, spiega il responsabile, quotidianamente si vivono la Passione, la Morte e la Resurrezione di Gesù: «Forse da fuori non si vede, ma stando dentro la Casa sì: «qui viviamo continuamente una Quaresima e una Pasqua: ogni giorno, infatti, vediamo la fatica, la rinuncia e la “morte sociale e civile” delle persone che accogliamo o accompagniamo. Sperimentiamo la loro traversata nel deserto, che è sia quella del viaggio fisico per arrivare in Italia, ma anche quella esistenziale. E tante volte, vediamo la “Resurrezione” di queste persone».
La Casa, luogo della “convivialità delle differenze”
Conclude Fiorenzo: «La Casa è anche il luogo in cui, alla don Tonino Bello, viviamo la “convivialità delle differenze”. Per cui non fa problema qui essere di un’altra fede. Un esempio che mi edifica è il nostro collega Doudou, cittadino italo senegalese, di profonda fede islamica, che permette alle nonne anziane del quartiere di celebrare la Pasqua del Signore perché è lui che le porta a messa. Alla Casa c’è dialogo».
A raccontare di come alla Casa si viva questa “convivialità delle differenze”, in particolare durante il Ramadan, è Doudou Khouma, responsabile di Casa Anziani: «Quando si va nei paesi musulmani durante il Ramadan, si sente che siamo nel mese di digiuno. Ma questa sensazione è forte anche alla Casa della Carità, perché da sempre viene data la possibilità ai musulmani di vivere questo tempo in modo tranquillo. È una delle poche strutture a Milano che conosco dove, per esempio, viene cambiato l’orario della mensa per rispettare l’orario di rottura del digiuno. E poi c’è anche la preparazione per il giorno dopo, con i sacchetti di cibo da consumare prima della preghiera dell’alba. Non sono cose scontate».
«In questo mese la presenza degli ospiti musulmani è più evidente del solito. Se, per esempio, normalmente sono due o tre le persone che pregano negli spazi comuni, durante il Ramadan sono di più. E siccome la Casa è un punto di incontro, agli ospiti di altre religioni non dà fastidio questa presenza, anzi, accompagnano i loro amici musulmani, si interessano per capire come funziona, sono momenti di scambio», dice Doudou.
Vivere il Ramadan nella città
Doudou è senegalese, vive in Italia da oltre 20 anni e quando è arrivato non era semplice vivere il Ramadan: «Ogni musulmano, spiega ancora, ha il suo modo di rompere il digiuno, ma la cosa comune è bere dell’acqua o un te caldo e mangiare dei datteri prima di arrivare a cena. Quando venivo a Milano per lavorare durante il mese di Ramadan, ricordo che dovevo portarmi dietro una bottiglietta d’acqua e due datteri per fare la rottura. Adesso ci sono più possibilità».
Se infatti un tempo in città c’era solo la moschea di viale Jenner, oggi ci sono tanti punti di incontro «e questo è importante anche per le persone che vivono in strada che, nonostante le difficoltà, vogliono vivere il mese di Ramadan e quindi trovano degli spazi dove possono rompere il digiuno, cenare e fermarsi fino all’ultima preghiera della sera – spiega l’operatore, che aggiunge – Oggi, anche a livello mediatico, si parla di più del Ramadan ed è un momento più sentito anche dal resto della popolazione».
Anche privatamente Doudou, che come raccontava Fiorenzo accompagna a messa le nonne della Casa, è fautore della “convivialità delle differenze”: «Voglio fare in modo che i miei figli crescano sapendo che Natale è festa, Pasqua è festa, ma che anche loro hanno delle cose che gli appartengono. Per questo ci tengo che viviamo insieme la fine del Ramadan o la Festa del Sacrificio e gli altri momenti che accadono nella nostra religione. Così anche loro possono prepararsi a vivere questi momenti, sia in Italia che in Senegal».
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Scopri come si vivono le diverse festività religiose alla mensa della Casa della Carità. Leggi l’intervista al nostro chef Walid Sefir. Clicca qui.