Il tradizionale Presepe della Casa della Carità vuole lanciare un messaggio di pace e contro tutte le guerre.
Come da tradizione, lo scorso 8 dicembre la Casa della Carità ha inaugurato il suo Presepe, visibile in una nicchia che dà sulla strada, passando da via Brambilla.
E nel realizzare il Presepe, come ogni volta, la Casa si è interrogata, cercando i segni tangibili che il mistero dell’Incarnazione di Gesù porta nell’oggi.
La necessità di una speranza che nasce
«Quest’anno ci siamo chiesti: dove vediamo la necessità di una speranza che nasce? Non abbiamo potuto fare a meno di pensare alla guerra, e in particolare a quella in Ucraina, che da ormai quasi un anno continua a provocare dolore», esordisce padre Alessandro Maraschi, operatore della Casa della Carità.
La Sacra Famiglia, quindi, quest’anno si trova tra le mura di un appartamento distrutto dai bombardamenti, circondato da tetre immagini di guerra. L’unica luce della scena è data da Gesù Bambino che nasce.
«Ho scelto il bianco e nero perché raffigura la drammaticità del momento; mi ricorda le case che crollano, i bombardamenti, il fumo. Se penso alla guerra, penso al grigio che lascia. Però Gesù che arriva emana colore, quel colore che solo, per chi crede, può cambiare il grigio», spiega Iole Romano, operatrice della Casa che ogni anno realizza concretamente il Presepe.
Un Presepe che chiede la pace
La scena è accompagnata dalla frase del Vangelo di Giovanni “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”.
«Oggi chiedere la pace è diventata quasi una cosa ambigua. Invece la pace di Gesù non ha paura di rifiutare la guerra, sempre», dice ancora padre Alessandro.
«C’è una pace fatta con la guerra, coi soldati, che sono raffigurati in una foto collocata nel Presepe e che possono essere interpretati come i pastori. Ma quella non è la vera pace. Lo è invece la nascita di Gesù, un esplosione di luce e speranza, che si contrappone all’esplosione delle bombe», aggiunge Iole.
E la presenza di speranza del Bambino che nasce, abita anche nelle contraddizioni dell’umano.
«Dio continua a nascere, continua a farsi carne, portandoci la sua pace, sperando che questa possa abitare il mondo. Noi continuiamo a spararci, eppure Dio continua a scommettere sull’umanità», concludono i due operatori.