Una riflessione con il nostro presidente don Virginio Colmegna, sul tema dell’immigrazione, tornato centrale nel dibattito pubblico degli ultimi giorni.
A partire dai fatti di cronaca di questi giorni, relativi al blocco di alcune navi di ONG e al successivo sbarco dei naufraghi da loro salvati, proponiamo qui una riflessione con il nostro presidente don Virginio Colmegna, sul tema dell’immigrazione, tornato centrale nel dibattito pubblico.
Don Virginio, sul fronte politico-mediatico sembra essere tornata in primo piano “l’emergenza sbarchi”. Abbiamo assistito al cosiddetto “sbarco selettivo” dei naufraghi salvati dalle navi di alcune ONG. Abbiamo sentito espressioni come “carico residuale” riferito a degli esseri umani. È un nuovo livello di quel “deficit di umanità” a cui ormai assistiamo da anni?
Fino a poco tempo fa sembrava che il tema dell’immigrazione fosse scomparso, adesso invece è stato fatto riesplodere. Le persone sono nuovamente trattate come pacchi postali, non più protagoniste della loro vita e del loro destino, ma considerate come persone di serie B, con diritti ridotti. È ricominciata la criminalizzazione delle ONG, dimenticando che la stragrande maggioranza delle persone che arriva lo fa attraverso altri canali. Tutto è materia di un conflitto politico e mediatico che si gioca sulla pelle di uomini, donne e bambini che hanno subito gravi sofferenze, che di giorno in giorno si aggravano. La politica ha perso il faro della centralità della persona ed è distante dalla realtà.
È quella che Papa Francesco chiama “cultura dello scarto” che si fa carne…
Esatto. È una ferita profonda nella civiltà dell’occidente cosiddetto avanzato.
Che fare allora?
Abbiamo bisogno di meno parole vuote, perché per noi la parola ha contenuto di impegno. Servono invece cambiamenti, innanzitutto a livello culturale. Dobbiamo smettere di considerare i migranti come un inciampo, quando sono invece determinanti per lo sviluppo della nostra società.
In questo periodo ho sentito molto usare l’espressione “siamo pragmatici”, ma essere pragmatici vuol dire affrontare concretamente le cose, per la serenità di tutti gli abitanti. E quindi occorre innanzitutto sottrarre il tema dell’immigrazione a questo conflitto mediatico e affrontarlo invece con umanità e rovesciando la prospettiva, chiedendoci perché arrivano queste persone e andando a incidere sulle cause, che stanno nei processi di globalizzazione, nelle crisi economiche e politiche, nelle conseguenze dei cambiamenti climatici. Pragmatismo è vedere che la domanda di asilo è utilizzata spesso impropriamente, generando lunghissimi tempi di attesa per ottenere una risposta, perché è l’unico modo per essere regolari.
Che cosa chiede la Casa della Carità sul tema dell’immigrazione a questo nuovo governo?
Al nuovo governo chiediamo quello che abbiamo chiesto ai precedenti: una nuova legislazione in materia di immigrazione, che sappia unire umanità e legalità. Con la campagna Ero Straniero avevamo presentato in proposito una proposta di legge di iniziativa popolare, che promuoveva per esempio, nuovi canali di ingresso per lavoro. Sono passate due legislature e purtroppo la legge è decaduta senza essere stata discussa, ma la sua proposta è ancora valida.
Peraltro, negli ultimi 2 anni, l’accoglienza dei profughi afghani prima e quella dei profughi ucraini poi hanno dimostrato che, se si vuole, un modo diverso di fare accoglienza è possibile.
Sicuramente e anche modo diverso di affrontare le emergenze, perché quelle lo sono veramente. Penso all’Ucraina, dove questa guerra sconvolgente voluta da un barbaro violento, da dove in poche settimane si sono riversate in Europa milioni di persone, per le quali si è trovato un modo molto semplice per accelerare le procedure. Quella soluzione, si si vuole, è applicabile anche ad altre situazioni, superando Dublino e dando la possibilità agli immigrati di essere soggetti attivi.
Scopri di più
Approfondisci le proposte della Campagna Ero Straniero. Clicca qui.
[L’immagine di apertura è di ANSA/Orietta Scardino]