Per il presidente della Casa della Carità don Virginio Colmegna è sempre più necessario un forte impegno da parte di tutti per contrastare odio, discriminazioni e indifferenza.
Milano, 24 gennaio 2020 – 75 anni dopo l’apertura dei cancelli di Auschwitz, che hanno fatto scoprire al mondo l’Olocausto, sono sono sempre di meno i testimoni viventi della Shoah. La stessa senatrice a vita Liliana Segre, ha annunciato che – dopo 30 anni – interromperà gli incontri nelle scuole, pur continuando il suo impegno di testimonianza.
«Ora tocca a tutti noi raccogliere il testimone di Liliana Segre e quello degli altri sopravvissuti e continuare a parlare ai giovani, perché le cause che hanno portato a quella tragedia – odio, discriminazioni e indifferenza – non sono ancora state sconfitte. È sempre più necessario far vivere una cultura di pace, che si nutra dei valori della solidarietà, della giustizia, della fraternità e immetta un’energia positiva che arrivi soprattutto a ragazze e ragazzi», afferma don Virginio Colmegna.
Continua il presidente della Casa della Carità: «È richiesto un grande lavoro educativo nelle scuole, nei momenti di aggregazione, nei luoghi dove si opera la solidarietà, al quale Casa della Carità non vuole sottrarsi. Per questo sono contento di partecipare, mercoledì 29 gennaio insieme a una delle operatrici della nostra comunità per minori stranieri non accompagnati, all’incontro “Storie di bambini invisibili. Un viaggio dalla Shoah al tempo presente”, promosso da Gariwo – Foresta dei giusti, che coinvolgerà centinaia di studenti milanesi».
«Fare memoria significa inoltre far luce su una storia rimossa, tanto da non essere nemmeno menzionata nella legge che in Italia ha istituito il Giorno della Memoria: lo sterminio, insieme a quello di milioni di ebrei, di 500mila Rom e Sinti europei. Riconoscere ufficialmente a livello istituzionale il Porrajmos, oltre a restituire dignità alle centinaia di migliaia vittime e ai loro familiari, contribuirebbe a costruire un presente e un futuro di piena cittadinanza per le popolazioni rom e sinte del nostro Paese», conclude don Colmegna.
L’immagine di apertura è di Globalist.