Chiedere la pace e dire no a guerre e armamenti non è utopia, ma un ostinato coltivare sentimenti di mitezza e comprensione.
Ogni nuovo anno comincia con la Giornata della Pace. Fu Paolo VI, nel 1968, a istituirla. L’augurio per il 2020 è che si affermi davvero il desiderio di pace segnato anche dalla denuncia di tutte quelle situazioni di guerra e violenza che occupano la quotidianità.
Per orientare questo desiderio abbiamo bisogno di un coraggio che sia anche profetico, che ci faccia riscoprire il valore della non violenza e dello scuotere il vuoto di coscienze ribadendo dei no fermi e convinti a tutte le guerre. Dotarsi di questo coraggio significa fare scelte fondamentali, a cominciare dalla condanna degli armamenti.
Certo, sembrano concetti astratti e lontani da una realtà che è continuamente devastata da venti di guerra e frantumazioni diffusi un po’ ovunque, in tutti i continenti, vicini e lontani. Eppure dobbiamo farci carico di smontare questa rassegnazione fatta di realpolitik e vivere continuamente il sogno ostinato di un mondo di pace. “I have a dream” va costruito a partire dall’affermazione di una coscienza di pace.
Anche la Chiesa deve essere scossa da tutto questo. Papa Francesco per l’inizio di questo nuovo anno ci ha consegnato un messaggio che non deve essere archiviato: “La pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica”. Tutti noi dobbiamo diventare degli artigiani di pace coltivando nel nostro cuore sentimenti di mitezza, comprensione, tenerezza e dicendo no all’odio e ai linguaggi di arroganza e violenza.
Essere portatori di una cultura di pace significa anche dotarsi di uno sguardo nuovo verso il Creato. E allora l’enciclica Laudato Si’, con la sua meditazione attenta, continua, proclamata e vissuta, si propone davvero come una enciclica di pace.