La pandemia ha evidenziato le fragilità di un sistema che non può più stare in piedi. Ma ha anche dimostrato che siamo un’unica comunità di destino.
Si moltiplicano i richiami a mantenere la distanza, a uno uno stile di vita consapevole e responsabile. Ma allo stesso tempo si evidenziano comportamenti che vorrebbero ritornare al “com’era prima”. Viviamo nell’incertezza delle prospettive: per questo è necessario uno sguardo vigile e globale, che addirittura possa osare a far diventare opportunità l’incertezza del futuro.
Il virus ha viaggiato sulla via e sui tempi ultraveloci della globalizzazione, si è spostato in aereo, taxi, treni ad alta velocità. È entrata nei luoghi del consumo, nella vita famigliare, nel quotidiano di ciascuno, nella vita intima di ciascuno. Ha soggiornato anche negli ambienti di lusso. Ci ha reso evidente, meglio di qualsiasi commentatore, la realtà e la dimensione dell’interdipendenza planetaria, delle diseguaglianze, dell’ingiustizia. Ci ha ricordato che il mondo è uno e che siamo un’unica comunità di destino.
La complessità del mondo nel quale siamo immersi rimanda sempre più alla responsabilità delle nostre scelte. Siamo davanti a un bivio: stiamo attenti a non imboccare la strada sbagliata che finirebbe per riportarci da dove abbiamo iniziato. Non può essere come prima, davvero non può essere come prima. Per noi deve nascere un mondo che parla di diritti, di dignità, di rispetto delle persone. Indipendentemente dallo status di partenza, indipendentemente dalle appartenenze etniche, culturali e sociali. È il grande tema della fraternità che Papa Francesco ci ha richiamato.
Dobbiamo intraprendere perciò il cammino di un nuovo umanesimo, interculturale. Viviamo una fase in cui pensare, interrogarci, e che necessita anche di risorse simboliche. Allora perché non avviare segni di presa di distanza dall’idolatria del consumismo fine a se stesso? Perché non far uso di quella che si chiama ragion critica, che ha bisogno anche di una spiritualità nuova, non sciupona, che non smette di coltivare sentimenti di tenerezza e mitezza? Insomma al bando la superficialità: la conversione ecologica che ci richiama anche Papa Francesco va ora vissuta cambiando la mentalità e gli stili di vita. Ci vuole coraggio, non può più essere come prima.