Sul clima, i ragazzi ci chiedono uno sguardo nuovo verso il futuro: la conversione ecologica deve diventare il primo punto di ogni agenda politica.
L’emergenza che riguarda il clima e gli allarmi della scienza, l’equilibrio tra giustizia sociale e giustizia ambientale sono temi così importanti e così urgenti che il vedere che di fatto è nato, partendo dai giovanissimi, un movimento che ha dimensioni di carattere mondiale è certamente un segnale da cogliere come portatore di un grande valore.
Non si tratta di una protesta solo marginale, ma è una questione che riguarda tutti, a partire da coloro che sono più impegnati, i giovanissimi appunto, i quali sono seriamente preoccupati del proprio futuro. Preoccupati, ma non angosciati perché ancora carichi di speranze ed entusiasmo.
Quello che ci chiedono questi ragazzi è uno sguardo nuovo, che ritroviamo anche nell’enciclica Laudato Si’ e che dobbiamo essere capaci di rendere processo culturale. Uno dei nodi fondamentali dell’enciclica di Papa Francesco è l’interconnessione di tutti gli aspetti della vita, da quelli sociali ed economici a quelli ambientali e legati alle scelte che si fanno.
Per questo gli allarmi della scienza devono essere tradotti in una visione diversa della presenza umana sul pianeta, che va oltre il paradigma tecnocratico e si compie in nuovi modi di produrre e in nuovi stili di vita, rispettosi del Creato che dobbiamo custodire.
Questo 27 settembre, questo Global strike for future, questo sciopero mondiale per il clima, non è una giornata di movimentismo fine a sé stessa, ma va colta come sollecitazione per dire nelle scuole, nelle piazze, nei luoghi di lavoro, che la conversione ecologica deve essere il primo punto di ogni agenda politica.