In molti sostengono che bisogna affermare la Cultura del noi e non quella dell’io. La libertà infatti non coincide con l’individualismo, ma va coltivata dentro un patrimonio etico, culturale ed educativo fatto di solidarietà e fratellanza.
La fase che stiamo vivendo ci impone delle riflessioni approfondite. Si è creata quasi una contrapposizione, che ci interroga molto, tra gli appelli alla responsabilità da una parte e la percezione di subire fastidiose limitazioni dall’altra.
In molti sostengono che bisogna affermare la Cultura del noi e non quella dell’io. Ma questo non succede solo con una dichiarazione di principio, ma si realizza se c’è un patrimonio etico, culturale ed educativo, che deve segnare la storia delle persone. Di solito, infatti, si ritiene che pensare collettivamente sia un limite perché è come se si togliesse qualcosa all’individuo, provocandogli una riduzione della propria libertà.
Il periodo ci richiede invece di ritrovare la bellezza e la genuinità di valori fondamentali, come quello dell‘appartenere a una comunità ampia che ci chiede delle responsabilità. È l’impianto che ci presenta Papa Francesco, con il recupero del senso dei legami, il superamento del paradigma tecnocratico, la generazione di una fratellanza solidale. Ma tutto questo ha bisogno di interventi di carattere educativo e formativo, della testimonianza di esperienze significative. È un orizzonte che impone dei sacrifici, che però sono abbondantemente innaffiati dalla speranza di cambiamento e di serenità.
Adesso c’è da ritrovare quella generosità che ha costruito il nostro Paese, quella che sta nella linfa della Costituzione. Per farlo dobbiamo attrezzarci e restituirci il coraggio di una fraternità fatta di legami forti. I sentimenti contano e non solo quelli di pietà. Ma è attorno alla responsabilità che rinasce l’educazione alle virtù e alle coscienze. E credo che questo sia estremamente importante anche come comunità civile e come comunità sociale.