Blog - Don Virginio Colmegna

Il virus ci impone una nuova socialità

Ci è richiesto di attraversare il deserto non abbandonando la socialità, ma di riportarla nel cuore delle relazioni.

«Restate a casa». L’emergenza sanitaria in corso ci impone un netto cambio di abitudini e stili di vita e a subire più di tutti sembra essere la nostra socialità. Trovo invece che, improvvisamente, questi provvedimenti possano farci riscoprire un grande valore: quello della casa come luogo di relazione e intimità.

La paura del contagio è anche la paura di ritrovarci sempre più soli, paura di una solitudine che ci rende più poveri, senza potere. Sconfiggere questo virus vuol dire circondarlo con la resistenza di tutti. È qui che intravedo una nuova socialità, che è anche quella testimoniata dalla capacità di cura che sovrasta regole, ritmi e sistemi organizzativi e che ritroviamo in quel calvario di sofferenze che sono i reparti degli ospedali, dove medici, infermieri e pazienti trattengono un coraggio che alimenta la speranza.

Dobbiamo avvertire che questa è una linfa, una tensione spiegabile solo perché la fraternità è ancora in grado di scrivere ogni giorno capitoli di umanità come quelli che si stanno vivendo in quegli ospedali. Questo oggi ci è richiesto: attraversare il deserto, non abbandonando la socialità, ma riportarla dove nasce, cioè da un moto del cuore, e lasciarci affascinare dai volti, dai legami, dagli affetti.

Il deserto è questo tirar fuori un profondo sentimento di solidarietà. Rileggevo una frase di Alberto Moravia, che mi appare significativa anche per la sua dimensione laica: «La contemplazione è come la diga che fa risalire l’acqua nel bacino. Essa permette agli uomini di accumulare di nuovo l’energia di cui l’azione e la confusione interiore li ha privati».

Ecco, questo è un periodo nel quale vivere tutto questo, ammirando e sostenendo il patrimonio di umanità e solidarietà cui stiamo assistendo. Quindi non si tratta di allentare la socialità, ma di riportare nell’intimità più profonda questo valore. È forse questo il senso di una quaresima, o di una quarantena, da condividere nel silenzio e nella speranza della Pasqua di resurrezione.

[Immagine di apertura di Helena Lopes su Unsplash]


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