Gli incendi in Amazzonia sono una ferita per l’umanità. È urgente una nuova passione che scardini l’egoismo e incardini quella conversione ecologica invocata dalla Laudato Si’.
Le notizie degli incendi che negli ultimi giorni stanno devastando l’Amazzonia sono una ferita per l’umanità. Il Papa, nell’ottobre 2017, ha convocato un Sinodo Speciale per la regione Panamazzonica (“Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”), che si terrà a Roma dal 6 al 27 ottobre prossimi.
Nel documento preparatorio del Sinodo viene scritto: «Oggi il grido che l’Amazzonia eleva al Creatore è simile al grido del Popolo di Dio in Egitto. È un grido di schiavitù e di abbandono, che domanda la libertà e l’attenzione di Dio. È un grido che invoca la presenza di Dio, specialmente quando i popoli amazzonici, per difendere le proprie terre, si scontrano con la criminalizzazione della loro protesta o quando sono testimoni della distruzione della foresta tropicale, che costituisce il loro habitat millenario; o quando le acque dei loro fiumi si riempiono di elementi che producono morte anziché vita».
Questo grido si eleva perché nella foresta amazzonica, ormai da decenni, l’ingerenza umana ha determinato, con il saccheggio delle risorse ambientali e naturali, scellerate politiche estrattive e devastanti opere infrastrutturali, quella che definirei una vera e propria dichiarazione di guerra contro la nostra Madre Terra. La “cultura dello scarto” (Laudato Si’, 16), l’economia governata da una finanza speculativa, l’individualismo che emargina la fratellanza sono fenomeni globali che trovano in Amazzonia la loro massima espressione.
Una nuova passione è urgente, una passione che scardini l’egoismo e incardini quella conversione ecologica invocata da Papa Francesco nella Laudato Si’ e che richiede nuovi stili di vita e nuovi cittadini del mondo che si impegnano nella custodia del Creato applicando l’etica della cura con una visione di un universo planetario profondamente connesso. È necessario passare da una visione frammentaria a una visione di comunione, solidale. Anche la scienza ci rivela la natura profondamente olistica e relazionale del cosmo, costituito fra un insieme di soggetti tutti interconnessi tra loro.
La giornalista e scrittrice cubano-nicaraguense María López Vigil ci dice che dobbiamo passare da una teologia antropocentrica a una teologia ecocentrica, che considera l’umanità come parte integrante dell’intera creazione. In questo senso, i popoli che da oltre diecimila anni abitano la foresta amazzonica, hanno insegnato anche al cristianesimo ad avere un rapporto armonioso con l’ambiente e il territorio.
Nel documento della IV° Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano del 1992, ripreso anche dal documento preparatorio del Sinodo sull’Amazzonia, si scriveva come le culture precolombiane abbiano offerto al cristianesimo diversi elementi di contatto «come l’apertura all’azione di Dio, il senso della gratitudine per i frutti della terra, il carattere sacro della vita umana e la valorizzazione della famiglia, il senso di solidarietà e di corresponsabilità nel lavoro comune, l’importanza del culto, il credere in una vita ultraterrena».