Leggi la lettera di don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità dal 2002 a febbraio 2023 che apre il Bilancio di sostenibilità 2022 della Fondazione
Bilancio di sostenibilità 2022: rinnovamento e partecipazione
In Casa della Carità finalmente si riparte, e si riparte con slancio. Dopo i tempi duri provocati dalla pandemia, nel 2022 ho colto nuovamente l’ebbrezza dell’inizio.
Un fermento, questo, che traspare fin dal rinnovamento organizzativo della Casa: Regaliamoci Futuro, progettato e avviato subito prima che la pandemia avesse inizio e da questa fortemente impattato e rallentato, non rappresenta solo una ristrutturazione degli spazi. Rappresenta soprattutto la volontà di esserci, insieme, in un’ottica di partecipazione, mantenendo saldi i principi, le scelte necessarie per generare sociale, la capacità di essere portatori di una cultura che parte dai più fragili, dagli scarti, non per abbandonarli, ma per ripartire da loro.
E, in questo, ho visto molta più connessione, un grande bisogno di tornare a guardarsi negli occhi, di ricostruire l’aspetto comunitario dell’operare, il sentirsi partecipi ad uno stesso progetto. Perché solo così è possibile accogliere le sollecitazioni delle difficoltà, mantenendo il carattere di prossimità che ci contraddistingue.
Dalla sanità alla salute
La pandemia, d’altro canto, ha fatto emergere con forza le carenze strutturali delle politiche sociali: dalla mancanza, drammatica, di servizi, al crollo della medicina territoriale. Questi elementi erano presenti già prima del Covid-19, ma oggi si avverte, sempre più forte, il dramma della sofferenza e della solitudine.
Eppure la sanità non può essere riservata ad alcuni. Non parliamo di casi, ma di persone; non è la diagnosi a definire la persona, ma è la persona ad essere centrale. È quindi necessario adoperarsi per cambiare il paradigma dal concetto di sanità al concetto di salute.
È in questo contesto che si innesta Arcturus, un progetto in cui credo moltissimo, per il quale ci siamo fatti portatori, insieme ad altri, di una battaglia di sperimentazione e di innovazione sociale. Nel progetto Arcturus è confluita una grande energia che si è intrecciata con il rinnovamento portato da Regaliamoci Futuro. Si tratta di un’energia culturale, spirituale, politica. La sfida del prossimo futuro sarà quella di rendere queste azioni programmatiche, di passare da un carattere sperimentale ad un carattere strutturale, che sia parte sostanziale dell’operato della Fondazione.
Nel 2022 abbiamo quindi assistito ad un cambiamento strategico per la Casa della Carità, in cui la Fondazione non ha cambiato la pelle: ha cambiato i suoi orizzonti.
Le sfide future per la Casa della Carità
Se guardo la Fondazione nella retrospettiva dei vent’anni, inoltre, vedo una Casa della Carità che, pur volendo essere protagonista anche nei rapporti con le istituzioni, non ha perso le tracce del suo agire politico.
Tutti questi elementi – la capacità di sperimentare, di innovare, di essere un riferimento per le istituzioni – saranno decisivi per affrontare le sfide che il futuro ci porrà davanti, in primis il raggiungimento di un Terzo Settore non passivo, ma partecipe, in cui si pone l’attenzione sulla fragilità, sulla debolezza, sulla vulnerabilità, che sono parte fondamentale del nostro agire culturale e politico.
Penso, per esempio, al tema delle residenze, che fanno parte della storia di Casa della Carità; al tema della salute mentale, non concepito in una cultura contenitiva; al tema del carcere, oggi diventato l’emblema di quella che Papa Francesco chiama “cultura dello scarto”; ai temi della violenza sulle donne e della familiarità.
Ma ce ne sarebbero molti altri. Sono temi importanti e significativi, per i quali il compito che la Casa della Carità è chiamata ad affrontare è prima di tutto un compito di carattere formativo, che risponda al bisogno di interconnessione ed alla capacità di allargare gli orizzonti ad un sociale non particolaristico e basato su competenze singole.
Una Casa che non si è mai fermata
Questo ventennale per me è stato un’esperienza importante, perché ho visto una Casa della Carità pronta ad affrontare queste sfide.
È una Casa che, nei suoi venti anni, è stata in grado di maturare una sua capacità culturale, di ripensare i processi cognitivi.
È una Casa che ha sperimentato la creatività, la fantasia della Carità, con entusiasmo, accompagnata sempre da una forte energia spirituale.
È una Casa che non si è mai fermata. Perché, per dare il senso della fecondità del partire dalle fragilità, non si può stare fermi.
Don Virginio Colmegna
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