Approfondimenti

Legge Bossi-Fini: cosa prevede e l’impatto sull’immigrazione

Cosa prevede la legge Bossi-Fini e quali sono i cambiamenti previsti sull’immigrazione? Approfondisci l’argomento con la Casa della Carità.

Dal 2017, la Casa della Carità è tra i promotori nazionali di “Ero Straniero – L’umanità che fa bene”, che, attraverso una proposta di legge di iniziativa popolare, aveva l’obiettivo di superare la cosiddetta “Legge Bossi-Fini”, ossia la normativa che attualmente regola l’immigrazione in Italia.

Negli oltre 20 anni di applicazione, infatti, questa legge non è stata in grado di regolare il fenomeno migratorio, producendo al contrario irregolarità e rendendo ricattabili le persone straniere.

La Bossi-Fini, infatti, lega il permesso di soggiorno al contratto di lavoro: se una persona straniera perde il lavoro, o quando scade il permesso non riesce a rinnovarlo perché in quel momento non ha un’occupazione, ha un periodo di tempo molto limitato per trovare un nuovo contratto. Se non lo trova, rischia di cadere velocemente nell’irregolarità, anche se magari vive e lavora in Italia da anni.

Ma che cosa prevede la Bossi-Fini e qual è stato il suo impatto sulle persone straniere? Scoprilo nel nostro approfondimento.

Quando è nata la legge Bossi-Fini

La Legge Bossi-Fini – la cui denominazione deriva dal cognome dell’allora Ministro per le Riforme istituzionali e la devoluzione Umberto Bossi e da quello del vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini – è stata approvata il 30 luglio 2002, entrando poi in vigore il 10 settembre dello stesso anno.

La legge andava a modificare in senso restrittivo la precedente normativa sull’immigrazione, la cosiddetta Legge Turco-Napolitano del 1998, e da allora regola l’immigrazione in Italia.

Cosa prevede la legge Bossi-Fini 

Tra le principali novità introdotte dalla Bossi-Fini rispetto alla normativa precedente vi furono:

  • può entrare in Italia, e poi rimanervi, solo chi è già in possesso di un contratto di lavoro che gli consenta il mantenimento economico. Dopo l’ingresso, il permesso di soggiorno va richiesto entro otto giorni. Il permesso ha una durata fino a due anni per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, fino a un anno negli altri casi. La legge prevede un permesso di soggiorno di un anno agli immigrati che perdono il lavoro e ha aumentato il numero degli anni (da cinque a sei) necessari per ottenere la carta di soggiorno (il requisito è stato successivamente riportato a cinque anni per l’adeguamento a una direttiva europea).
  • obbligo di rilevamento e registrazione delle impronte digitali degli immigrati al momento del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno. Ha inoltre imposto restrizioni alla possibilità di tutela in caso di respingimento e ha innalzato da 30 a 60 giorni il tempo massimo di trattenimento nei centri di permanenza temporanea. Il tetto è stato stabilito fino ad un massimo di 180 giorni dal pacchetto sicurezza del 2009.
  • respingimenti in acque extraterritoriali e reato di favoreggiamento. La norma ammette i respingimenti al paese di origine in acque extraterritoriali, in base ad accordi bilaterali tra Italia e paesi limitrofi. Chi aiuta i migranti a entrare nel paese rischia l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, reato punito con la reclusione fino a tre anni e con una multa fino a 15mila euro per ogni persona “favorita”.
  • espulsioni immediate con accompagnamento alla frontiera. Come la legge Turco-Napolitano, l’espulsione degli immigrati irregolari privi di permesso di soggiorno ma con validi documenti d’identità viene emessa in via amministrativa e deve essere immediatamente eseguita con l’accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica. 
  • aumento della permanenza nei CPT (Centri di Permanenza Temporanea) da 30 a 60 giorni. I CPT (oggi CPR – Centri di Permanenza per il Rimpatrio) sono strutture di detenzione amministrativa, dove vengono rinchiusi quei cittadini stranieri sprovvisti di documenti di soggiorno in attesa che venga eseguito un provvedimento di espulsione

Le tre norme molto criticate introdotte dalla Legge Bossi-Fini 

Sono numerose le critiche che sono state mosse negli anni alla Legge Bossi-Fini. In particolare, essa risulta inefficace a gestire il fenomeno migratorio, perché:

  • Con la normativa attuale, può entrare in Italia per motivi di lavoro solo chi è già in possesso di un contratto ed esclusivamente nell’ambito delle quote e dei settori lavorativi identificati dal decreto flussi
  • Il datore di lavoro non può “chiamare” un lavoratore o una lavoratrice dall’estero in qualsiasi momento dell’anno, sulla base dei concreti bisogni dell’azienda, né può impiegarlo in un settore lavorativo a sua scelta, ma deve rispettare tempistiche molto restrittive e limitarsi ai settori esplicitati all’interno del decreto flussi. 
  • Non c’è modo di assumere e mettere in regola una persona già presente in Italia ma senza documenti, con cui magari si ha già un rapporto di lavoro informale o destinataria di una nuova offerta di lavoro.

I decreti flussi

Dall’approvazione della Bossi-Fini, gli ingressi per lavoro in Italia sono stati gestiti dai “decreti flussi“, cioè una misura che di anno in anno stabilisce il numero di persone che possono entrare in Italia per lavorare.

Le cosiddette quote sono distinte per:

  • lavoratori stagionali
  • lavoratori autonomi
  • lavoratori subordinati non stagionali

Con questo tipo di sistema “a chiamata”, però, il datore di lavoro deve far arrivare dall’estero già con un impegno all’assunzione il lavoratore o la lavoratrice, anche se – presumibilmente – non li ha mai visti. 

Di fatto, quindi, i decreti flussi si sono spesso trasformati nel tentativo di regolarizzare persone che sono già presenti sul territorio italiano e che già lavorano, di frequente in nero. 

Come dimostrato anche di recente, inoltre, il decreto flussi è stato spesso sfruttato per generare degli illeciti. Non sono infrequenti, infatti, i casi in cui degli intermediari reclutano candidati alla migrazione, chiedendo loro dai 10 ai 15mila euro per aiutarli a ottenere il visto e il lavoro. Molto spesso, però, al loro arrivo le persone straniere non trovano il datore di lavoro e nemmeno l’intermediario e quindi non solo non ottengono il permesso di soggiorno, ma finiscono spesso a lavorare in nero in condizioni di schiavitù.

Nel suo ultimo dossier, la campagna Ero Straniero ha evidenziato tutti i limiti nel dossier “I veri numeri del decreto flussi: un sistema che continua a creare irregolarità”.

Leggi il report

Quali sono le conseguenze della Legge Bossi-Fini sull’immigrazione

La principale conseguenza della Legge Bossi-Fini è stata quella di aver generato quella irregolarità che invece si prefiggeva di contrastare. Il permesso di soggiorno per lavoro, infatti, deve essere rinnovato ogni due anni e se, al momento del rinnovo la persona non ha un’occupazione, si innesca un circolo vizioso che la trascina velocemente nell’irregolarità. E questo, in un mercato del lavoro molto precario come quello attuale, ha significato per molte persone perdere il permesso di soggiorno.

La rigidità del sistema, inoltre, impedisce anche di convertire in permesso per lavoro un visto turistico o un visto per studio.

Negli anni, per impedire che il numero di persone straniere non regolari sul territorio esplodesse, sono state realizzate diverse sanatorie, la prima già nel 2003, prevista dalla stessa legge.

La campagna Ero Straniero per superare la legge Bossi-Fini

Nel 2017 la campagna Ero Straniero ha avanzato al Parlamento una proposta di legge di iniziativa popolare dal titolo “Nuove norme per la promozione del regolare soggiorno e dell’inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari”, sostenuta dalle firme di oltre 95mila cittadine e cittadini.

Come previsto dalla normativa, la proposta di legge è rimasta valida per due legislature, ma il Parlamento non l’ha mai discussa.

Oggi, quindi, quella proposta di legge è decaduta, ma restano validi i principi da essa sanciti. Nel 2024 la campagna ha proposto un nuovo impianto di interventi normativi di modifica del Testo unico sull’immigrazione, che va ad aggiornare il contenuto della proposta di legge del 2017.

Introduzione di percorsi di ingresso diversificati:

  • un meccanismo più flessibile di assunzione diretta “a chiamata” extra-quote: il datore di lavoro può chiamare dall’estero e assumere direttamente una persona da un paese terzo, come avviene ora, ma superando una serie di limitazioni e rigidità: l’assunzione può essere fatta in qualsiasi momento, al di fuori di quote annuali e di click day e senza limitazioni rispetto al settore produttivo o al paese di origine;
  • l’introduzione di un permesso di soggiorno per ricerca lavoro attraverso “sponsor” (persona singola o enti di intermediazione che presentano la richiesta di visto per l’ingresso di lavoratore/lavoratrice): si può far venire in Italia un lavoratore o una lavoratrice in cerca di un’occupazione, attraverso il sistema dello sponsor (una persona singola o soggetti autorizzati all’attività di intermediazione come associazioni di categoria, agenzie per il lavoro, università, sindacati, patronati, enti del terzo settore, etc.) a fronte della disponibilità di garanzie economiche per il viaggio e per il sostentamento nel periodo iniziale di soggiorno. Viene introdotto in questo caso un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro di durata annuale, convertibile in permesso per lavoro;
  • permesso di soggiorno per ricerca di lavoro: si prevede la possibilità per lavoratori/lavoratrici di paesi terzi di fare richiesta di ingresso in Italia per la ricerca di un’occupazione, purché siano in grado di offrire garanzie minime di sostentamento. Si introduce un permesso di soggiorno per ricerca lavoro di durata annuale con possibilità di sua trasformazione in permesso per lavoro e, in mancanza di finalizzazione di un contratto, il rientro volontario nel paese di origine.

Introduzione di due meccanismi di regolarizzazione su base individuale:

  • regolarizzazione attraverso un contratto di lavoro: si introduce un meccanismo permanente di regolarizzazione per lavoratori e lavoratrici senza un titolo di soggiorno presenti sul territorio italiano a fronte di un contratto di lavoro e di un reddito. Il meccanismo non è legato a una misura straordinaria né a una determinata finestra temporale, ma è su base individuale e accessibile in qualsiasi momento.
  • regolarizzazione per radicamento sociale: si introduce un permesso di soggiorno per radicamento sociale, per la persona straniera senza documenti già presente in Italia che dimostri di essere radicata nel territorio (attraverso, ad esempio, la sussistenza di legami familiari o affettivi nel territorio italiano; la durata della permanenza, anche irregolare, sul territorio; la conoscenza della lingua italiana; l’inserimento sociale e lavorativo) e abbia la disponibilità di risorse pari almeno all’assegno sociale annuo.

Scopri di più

  • Scopri di più sulla campagna Ero Straniero. Clicca qui
  • Leggi il nostro approfondimento sulle politiche migratorie in Italia e in Europa. Clicca qui.
  • Leggi il nostro approfondimento sull’accoglienza dei “minori stranieri non accompagnati”. Clicca qui.

FONTI


Altri articoli suggeriti

Un corso sull’umorismo con Jacopo Cirillo

“Che cosa c’è da ridere. Teorie e tecniche della comicità”, un corso sull’umorismo con…

Uscire dal sistema di guerra: la pace come metodo. Rivedi l’incontro

Rivedi l’incontro “Uscire dal sistema di guerra: la pace come metodo”, un dialogo tra don…

L’acqua nella Bibbia e nella tradizione ebraica – di Elena Lea Bartolini De Angeli

L’acqua nella Bibbia e nella tradizione ebraica – di Elena Lea Bartolini De Angeli…

SOSTIENI LA CASA DELLA CARITÀ

La Casa della Carità è una vera famiglia per bambini, anziani, donne e uomini di ogni età, Paese e religione.

Dona speranza, cura, un aiuto concreto alle persone seguite dalla Fondazione.

Dona ora
Dona ora