Ci attende un’impegnativa battaglia culturale per affermare l’idea di salute come stato di completo benessere fisico, psichico e sociale. Contro il deserto etico che intravediamo nella vicenda dei brevetti dei vaccini.
Si sta creando una grande mobilitazione, a cominciare dalle sollecitazioni del Papa, per far sì che i vaccini siano messi a disposizione di tutti, soprattutto dei Paesi più poveri, togliendo brevetti e privatizzazioni. Poiché quello che si intravede da certe decisioni è un deserto etico che rende sgomenti e che interroga profondamente la cultura della fraternità e dei legami.
La pandemia ha rimesso in prima piano una dimensione universale del bisogno di giustizia che attraversa le frontiere, ponendo al centro delle nostre vite il tema del diritto alla salute, sia fisica che psichica, sia individuale che collettiva. È cresciuta la consapevolezza della necessità urgente di un rinnovamento dei sistemi sociosanitari, a partire dal rifiuto delle logiche di privatizzazione.
Il rinnovamento deve essere fondato sulla prevenzione, da attuare nei luoghi di vita, di lavoro, di appartenenza sociale, e sul potenziamento della rete dei servizi di base e dell’assistenza territoriale. È necessario un ripensamento collettivo, una vera e propria rivoluzione culturale, per non aprire poi la strada al rafforzamento della sanità privata, in chiave solo di logica di mercato.
Tra l’altro il tema della salute non può più essere circoscritto al solo ambito nazionale, ma è una questione che va affrontata su scala mondiale. In questo dovrebbe fare la sua parte l’Organizzazione mondiale della sanità che, al momento della sua nascita nel 1946, ha dato una fondamentale definizione di salute intesa non come mera assenza di malattia e di infermità, ma come stato di completo benessere fisico, psichico e sociale. Un concetto che ritroviamo anche nella stesura dell’articolo 32 della nostra Costituzione dove si riconosce la salute come diritto universale con l”istituzione anche del servizio sanitario nazionale.
Sono tutte battaglie che ci attendono e che vanno affrontate anche dal punto di vista culturale. Per questo la mobilitazione sui vaccini non è qualcosa da accantonare o da avvertire come una campagna tra le altre. È un momento decisivo dove siamo chiamati non a un pessimismo rinunciatario, ma ad immettere energie culturali ed etiche per portare dentro la società una visione il più possibile solidale e di fraternità.