Storie

Emilio, una vita con le stelle sulla testa

Tornato a vivere in strada da tanti anni dopo l’accoglienza alla Casa della Carità, è morto libero, come desiderava.

La mia vita è con le stelle sulla testa

Così diceva Emilio Malossino, ex ospite della Casa della Carità, che se n’è andato a dicembre, colpito dal Covid, anche se solo in questi giorni si è venuto a sapere della sua morte.

Emilio era uno di quei senza dimora che si definiscono “irriducibili”. In via Brambilla era arrivato nel 2008. “Ha abitato la Casa nel massimo della discrezione e leggerezza: mai una richiesta, mai una discussione, una presenza reale, quasi impercettibile. Gli ultimi mesi con noi sono stati vissuti nel silenzio meditabondo, con interminabili avanti e indietro nel corridoio delle macchinette del caffè, mani dietro la schiena e sguardo a terra pensieroso. Finché, in un freddo giorno di fine dicembre 2010, la sua scarna e inderogabile comunicazione: «Torno a casa mia, la Strada»”, racconta Fiorenzo De Molli, responsabile del Settore Accoglienza della Fondazione.

Ad accompagnarlo alla Casa della Carità erano stati Corrado Mandreoli – responsabile delle Politiche territoriali e contrattazione della Camera del Lavoro di Milano e da sempre amico della Casa – e don Massimo Mapelli – responsabile della Caritas della Zona Sesta della Diocesi di Milano e allora impegnato nella Fondazione. “L’avevo conosciuto in corso Europa, dove lui viveva in quel periodo. Per molti mesi ho cercato di allacciare un rapporto con lui, lo portavo a fare colazione, discutevamo del movimento operaio. Ne è nato un bel legame”, ricorda Mandreoli. 

Emilio rifuggiva da qualsiasi presa in carico

Emilio in metropolitana
Emilio, mentre raggiunge il suo posto stazione della metropolitana di Duomo

Ma nel novembre di quell’anno accetta l’accoglienza per guarire da un’infezione ai piedi. “Alla Casa della Carità si era ristabilito, ma soffriva in modo tremendo lo stare chiuso in un luogo. Forse era uno degli ultimi che stanno sulla strada per scelta. Gli avevo anche fatto delle proposte di lavoro, perché aveva gli strumenti, era stato infatti un insegnante di latino. Ma lui si sentiva a suo agio solo in strada. Diceva che era l’unico posto dove non si sentiva in dovere di rispondere a qualcuno; le responsabilità, anche quelle più piccole, lo opprimevano”, racconta ancora Corrado.

Da tre mesi era seguito dall’equipe di Diogene, il progetto della Casa della Carità rivolto a persone senza dimora con disagio psichico. “Lo abbiamo seguito con regolarità per monitorare le sue condizioni, costruendo una rete con le altre unità mobili – come Ronda o Croce Rossa – ma anche con la Polizia Municipale e con gli operatori dell’ATM”, spiega Vita Casavola, responsabile del progetto. Emilio, infatti, dalle 10 del mattino fino a mezzanotte sostava sulla banchina della metropolitana gialla, in Duomo, e quando la stazione chiudeva, usciva e dormiva nei paraggi. 

A Natale la scomparsa

Tutto è proseguito bene fino ai giorni precedenti il Natale, quando gli operatori di Diogene, in occasione del loro monitoraggio settimanale, non lo hanno trovato. “Gli operatori di ATM ci hanno confermato che erano diversi giorni che non lo vedevano e nemmeno la Polizia Municipale e le altre unità di strada avevano sue notizie. Abbiamo iniziato a pensare che fosse ricoverato in qualche ospedale e abbiamo avviato una ricerca, senza ottenere informazioni”, racconta Vita.

Solo dopo che Magda Baietta, presidente della Ronda della Carità e Solidarietà, ha interpellato la sorella di Emilio, con cui era in contatto e che si è attivata per avere sue notizie, si è appreso che era stato ricoverato il 20 dicembre per un malore al Policlinico, dove gli hanno riscontrato il Covid. Se n’è andato dopo una settimana.

“Dal momento che non aveva documenti e risultava senza identità, non siamo riusciti, purtroppo, a rintracciarlo quando era ancora in vita. Ci spiace molto per la sua scomparsa e per le tante difficoltà incontrate nel corso della sua vita. Ma ci consola aver saputo dalla sorella, seppure a posteriori, che la nostra scelta in questi mesi, e cioè di non ricoverarlo in modo coatto in psichiatria e di averlo seguito in strada, sia stata per lei quella più giusta e che rispondeva al desiderio del fratello”, aggiunge Vita. 

Due occhi in cui ti perdevi e la capacità di farsi voler bene

Emilio era originario di Verona e se n’era andato per alcuni dissidi con la famiglia, ma negli ultimi tempi si era riconciliato con la sorella. Lei spesso veniva a Milano, lo accudiva, e lui aveva accettato questo intervento, con la promessa che mai sarebbe stato ricoverato. 

“Quando siamo andati con pulmino in corso Europa per poi portarlo alla Casa della Carità, ci chiese qualche minuto per prendere le sue cose e salutare. E tutti i lavoratori di corso Europa, i commessi di Fiorucci davanti a cui stava sempre, erano lì a salutarlo. Un Natale lo avevo invitato a casa e si era messo a raccontare, a parlare di latino. Quando ho detto ai miei figli che era morto, anche loro ci sono rimasti molto male. Emilio era davvero una bella persona, con due occhi nei quali ti perdevi e la grande capacità di farsi voler bene”, conclude Corrado. 

Foto di apertura: Marco Garofalo©


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