Casa della Carità si prepara all’emergenza dettata dalla crisi economica: nel nostro modo di operare vi è sempre la domanda di giustizia sociale.
L’estate del Coronavirus è come fosse sospesa, in attesa di una crisi economica praticamente certa e annunciata da tutti. Crisi che, con la sua drammaticità, avvolgerà sempre di più la condizione di vita dei poveri. I quali aumenteranno, così come si dilateranno le ingiustizie e le disuguaglianze. Temo crescerà anche la spinta a dimenticare il valore di ogni vita, così come la domanda di fraternità e sororità inclusiva.
Come risposta, intravedo il moltiplicarsi di azioni di contenimento della povertà e di controllo sociale. Vi sarà un’estensione di provvedimenti di assistenza e di aiuto, ma questi interventi non intaccheranno la domanda di libertà, di sviluppo equo e di giustizia sociale.
Noi che operiamo nel Terzo settore dobbiamo reagire qualificando le risposte, soprattutto rendendo culturalmente, politicamente e spiritualmente esigente il nostro operare, il nostro accogliere, il nostro condividere, il nostro ascoltare e stare sulla strada.
Casa della Carità si candida ancora una volta a essere davvero un laboratorio di pensiero creativo, di ricerca, con un inventare quasi ogni giorno opportunità, raccogliendo gli interrogativi e le inquietudini che le storie che viviamo, che sentiamo nostre nel quotidiano, ci indicano come sfida.
Anche se la fragilità ci fa sentire spesso quasi impotenti, ma questa lettura dell’emergenza è la nostra “scuola del limite”.