Blog - Don Virginio Colmegna

A proposito di solidarietà e sicurezza

In questi ultimi anni abbiamo vissuto in un generale clima d’odio. L’antidoto è la riscoperta del valore della solidarietà.

Da qualche settimana abbiamo un nuovo governo. Ma una vera discontinuità rispetto a un recente passato segnato dal generale clima d’odio che abbiamo vissuto può realizzarsi solo riscoprendo il grande valore della solidarietà, da riaffermare partendo anzitutto dalle comunità locali e territoriali.

È nei fondamenti dei legami tra le persone, quello che si chiama capitale sociale umano, che vi è il germoglio di una ripartenza profondamente ideale ed etica, che sappia andare oltre le emergenze e tradursi nelle risposte pazienti della politica.

Ritrovare questa cultura della solidarietà incentrata sul valore dei beni comuni richiede l’accompagnamento di continui processi educativi e formativi da realizzare sui territori, tra la gente, nei quartieri. Dobbiamo far avvertire che la solidarietà ha dentro di sé un grande capitale, quello della gratuità della relazione con l’altro. Tutto il grande patrimonio di sollecitazioni provenienti in questo senso dalla Chiesa e da Papa Francesco va vissuto proprio in termini di costruzione di legami.

Va quindi smontata l’idea di una certa politica che vede la solidarietà solo come un capitolo della sicurezza. Noi siamo per la sicurezza, per quella sicurezza che riguarda la capacità di dare senso alla propria esistenza, ben sapendo che non è possibile essere al sicuro da tutto. Piuttosto la sicurezza va coltivata nella solidarietà. La violenza che deborda ogni giorno dagli episodi di cronaca ci fa intravedere il terreno minato su cui cammina la nostra società: la sottovalutazione del valore della vita e dell’etica.

Quindi non so se si è aperta una vera stagione riformatrice, so che il valore della solidarietà va costruito a partire dalle comunità, dalle reti locali, dai legami tra persone. Per fare ciò abbiamo bisogno di un grande respiro, di far vivere quella che il cardinale Carlo Maria Martini chiamava l’”eccedenza della carità“, quella carità che riempie la giustizia e la spinge anche dove non c’è utilità sociale.

Deve imporsi una dinamica di cambiamento, costruita su quella che io chiamo “l’utopia coi piedi per terra” e che deve essere capace di farsi strada con lo studio e le competenze. Per questo credo che il contributo dei giovani sia estremamente importante.


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