Le provocazioni di chi ostenta simboli religiosi celano provvedimenti che lasceranno macerie nel sistema di accoglienza. E che saranno ancora una volta ricostruite da chi opera nel sociale.
L’approvazione del cosiddetto decreto Sicurezza-bis è stata accompagnata dal ministro dell’Interno Matteo Salvini con un ringraziamento alla Beata Vergine Maria. Ho letto, a tal proposito, il commento di una teologa che ci ricorda come Maria sia stata anzitutto una donna, una palestinese vissuta sotto il dominio romano, che è stata a sua volta profuga in terra straniera. Pertanto, se si vogliono fare citazioni, almeno si impari e si sappia che cosa si sta citando.
Ho già avuto modo di dire in passato, di fronte all’ostentazione di simboli della religione cristiana da parte dello stesso esponente dell’attuale Governo, che non si utilizza la fede in modo strumentale per propri fini. La religiosità è un sentimento profondo che si costruisce dentro di sé in coerenza con comportamenti e atti pubblici. La religiosità non è merce da supermercato, da esibire per cercare consenso.
Ma al di là di questi gesti, che sono evidentemente provocatori e che però offendono chi crede nei grandi valori di prossimità del Vangelo, bisogna affrontare la sfida culturale che viene posta non solo reagendo a dichiarazioni e commenti, ma entrando nel merito dei provvedimenti presi.
Questo decreto mina i cardini delle fondamenta sociali che reggono un sistema di accoglienza solidale e umano. Il valore della vita viene calpestato, la solidarietà criminalizzata. Le macerie lasciate saranno ancora una volta ricostruite, con sapienza e fatica, da chi opera nel sociale riscoprendo valori come l’ospitalità, l’apertura, la tolleranza, la convivenza. Valori vissuti quotidianamente da milioni di italiani e incastonati anche nella nostra Costituzione oltre che nel Vangelo.