Dall’emozionante incontro con Papa Francesco il richiamo evangelico a Beatitudini e Matteo 25. E l’esortazione a continuare a testimoniare l’accoglienza.
Mercoledì 3 luglio ho trascorso circa un’ora e mezza con Papa Francesco. Ero insieme ai miei “compagni di messa”, vale a dire quei preti della diocesi di Milano che, 50 anni fa, hanno ricevuto con me l’ordinazione sacerdotale. Il Santo Padre ci ha ospitati nella sua abitazione di Santa Marta, in Vaticano. È stato un incontro davvero emozionante, che ho avuto il privilegio di introdurre con un breve discorso. Poi è seguito un dialogo molto franco e sereno su tanti punti, in un clima che definirei quasi famigliare.
Il primo richiamo fondamentale il Papa lo ha fatto a quei brani del Vangelo che devono accompagnare la nostra vita: le Beatitudini e Matteo 25. Ci ha poi invitati a riscoprire una «santità della quotidianità», da vivere cioè nella normalità della propria vita. Ci ha anche restituito una visione della Chiesa che deve essere segnata dall’annuncio di un Vangelo da vivere con grande serenità di cuore e di spirito, specie in un momento così complesso e articolato come quello che stiamo vivendo. Ci ha detto di continuare, come Chiesa, a testimoniare l’accoglienza come valore fondamentale, utilizzando la «virtù della prudenza», cioè tentare di costruire delle risposte pur in ore drammatiche, mantenendo sempre come fondamentale l’irrinunciabile valore del rispetto della dignità della persona.
Abbiamo parlato anche dell’enciclica Laudato Si’, che Francesco inserisce tra gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa. Abbiamo ricordato la figura del cardinal Martini, che per noi tutti preti diocesani è stato un punto di riferimento soprattutto per la sua visione di Chiesa che sta dentro la società cogliendone le dinamiche. Ci ha infine regalato un testo sul discernimento come attenzione da avere e professare sempre.
Ciò che mi sono portato via da questo incontro lungo e affettuoso è il sentimento verso un Papa cui non si può non voler bene, anzi gli si deve voler bene. Per il coraggio delle scelte che porta avanti, la sua testimonianza, i valori che ci consegna. Il suo magistero dà anche a noi una grande responsabilità di impegno e di forza per il futuro. Ci ha salutato infatti spronandoci a non sentirci vecchi, «altrimenti io cosa dovrei dire?».