Una riflessione del nostro presidente don Virginio Colmegna in vista della Giornata mondiale della Pace del 1° gennaio
Domenica 1° gennaio si celebra la 56° Giornata mondiale della Pace, voluta da Papa Paolo VI proprio nel primo giorno del calendario, come invocazione per iniziare il nuovo anno nel segno della pace per tutto il mondo.
Un’invocazione che diventa drammaticamente attuale per il 2023, che si apre ancora segnato dalla guerra in Ucraina e da decine di altri conflitti, che compongono il mosaico di quella che Papa Francesco chiama “terza guerra mondiale a pezzi”, che affamano milioni di persone, ma che sembrano essere dimenticati da tutti: dall’Etiopia allo Yemen, dal Sahel alla Nigeria, dall’Afghanistan al Libano, dal Sudan ad Haiti, dalla Colombia al Myanmar.
Il messaggio di Papa Francesco
In questo contesto, peraltro ancora segnato dalle conseguenze economiche e sociali della pandemia, il messaggio di Papa Francesco per questa giornata è un richiamo che scandisce la dimensione culturale e di condivisione a cui ci richiama la parola pace.
Dice Francesco: «Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la protezione di noi stessi, ma è l’ora di impegnarci tutti per la guarigione della nostra società e del nostro pianeta, creando le basi per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune».
Nel richiamarsi al noi, al senso comunitario, alla fraternità e alla sororità – come già fatto nelle encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti – il pontefice ci invita dunque a costruire percorsi di pace che non siano calati dall’alto, ma che si generino nel quotidiano della vita.
E questo è un richiamo forte, perché la costruzione della pace riguarda davvero ognuna e ognuno di noi nella nostra vita di tutti i giorni. Riguarda la conversione dei cuori perché siano più disposti all’accoglienza di chi è più fragile; riguarda il cambiamento dei nostri stili di vita, affinché siano più sostenibili per il nostro pianeta e non contribuiscano a generare scarto di cose e di persone; riguardano il nostro modo di guadare all’altro, al diverso da noi.
La pace non è un’utopia
In questo momento storico così complesso, in cui si tende a fare categorie tra le persone e a difendere i propri interessi privati contro qualcuno o qualcosa, la pace sembra un’utopia, un desiderio retorico. E invece non è così.
Per costruirla però, come ci invita a fare il Papa nel suo messaggio, dobbiamo saper ritrovare quei legami che danno vita alla comunità umana e quei sentimenti profondi di fraternità e pace che stanno mancando e di cui noi, come Casa della Carità, ci facciamo portatori.
Lo facciamo con le nostre attività quotidiane, lo facciamo con la capacità di mobilitare culturalmente le persone, lo facciamo con l’attenzione e l’impegno in difesa dei beni comuni (come la casa o l’acqua), lo facciamo con il rifiuto della logica della guerra e della corsa agli armamenti, lo facciamo con lo stimolo e l’invito ai giovani a essere parte di tutto questo, per esempio invitandoli a svolgere il servizio civile.
Sono i messaggi e l’impegno che portiamo avanti ogni giorno e che ribadiremo aderendo all’iniziativa “Pace in tutte le terre”, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio di Milano proprio in occasione della Giornata mondiale della Pace. Ci ritroveremo domenica 1° gennaio alle 16 in piazza Santo Stefano, per poi marciare verso il Duomo nel segno della pace.
Per adesioni: santegidio.milano@gmail.com