Elizabeth e la sua famiglia rischiavano di finire in strada. Grazie alla Casa della Carità hanno ottenuto una casa popolare dove presto andranno a vivere.
«Voglio ringraziare Dio e la Casa della Carità che come una madre protettrice ci ha aperto le braccia in un momento molto difficile, quando la mia famiglia, con 5 bambini, era quasi sulla strada. Casa della Carità ci ha protetto, ci ha dato la serenità e la tranquillità. Noi, la porteremo sempre nel nostro cuore». Sono le parole che Elizabeth, ospite del Villaggio Solidale, ha pronunciato davanti al pubblico del 20° anniversario della Fondazione, per descrivere il significato che ha per lei la parola Casa.
«Dopo la pandemia ci siamo trovati in una situazione troppo difficile», dice Elizabeth quando racconta la sua storia. Ma oggi, grazie anche al sostegno della Casa della Carità e del Centro Ambrosiano di Solidarietà, Elizabeth e la sua famiglia hanno ottenuto una casa popolare e presto ci andranno a vivere.
Dall’Ecuador all’Italia
Elizabeth è arrivata in Italia dall’Ecuador nel 1999, quando aveva 15 anni. Insieme al fratello, ha raggiunto la madre che già abitava a Roma.
La famiglia si poi è spostata più volte per cercare lavoro: hanno vissuto a Roma, Genova e Chiavari, prima di arrivare a Milano. Qui, sia lei che sua madre, hanno trovato lavoro ed è iniziata la loro vita: Elizabeth si è sposata e ha iniziato a costruire la sua famiglia.
Lei lavorava presso una casa come aiuto e faceva anche qualche ora in una fabbrica, mentre il marito faceva qualche lavoretto di manutenzione. «Abbiamo sempre fatto le cose per bene, abbiamo sempre lavorato, avevamo la nostra casa. Poi con la pandemia ci siamo trovati in una situazione troppo difficile, perché siamo una famiglia numerosa, con 4 figli e un altro appena nato e quasi stavamo finendo sulla strada», racconta Elizabeth.
La pandemia: Elizabeth perde il lavoro e la casa
Con l’arrivo della pandemia, sia Elizabeth che il marito perdono il lavoro e presto sono costretti a lasciare la casa dove vivevano, perché non potevano più sostenere l’affitto. Inoltre, non avevano nessun contratto che potesse tutelarli, perché non erano mai riusciti a trovare qualcuno che affittasse in regola a una famiglia così numerosa.
D’un tratto, senza lavoro e con il quinto figlio in arrivo, Elizabeth e la sua famiglia si sono trovati con un avviso di sfratto. Elizabeth, con il pancione, ha quindi iniziato la sua epopea tra mille uffici per trovare un altro posto dove stare. A nessuno, però, sembrava interessare il destino suo e della sua famiglia. Alla preoccupazione per la mancanza di una casa, si aggiungeva quella che le portassero via i bambini.
L’accoglienza in Casa della Carità
Un giorno, però, l’avvocata che si stava occupando della vendita dell’appartamento che dovevano lasciare diede a Elizabeth il numero di telefono di Peppe Monetti, l’avvocato della Casa della Carità: lei lo chiamò e fissarono un appuntamento.
Quando si sono incontrati, Elizabeth si è sentita subito sollevata, perché per la prima volta aveva trovato qualcuno che la ascoltasse e prendesse sul serio i suoi problemi e la sua richiesta di aiuto. Peppe l’ha rassicurata, trovando una sistemazione alla famiglia alla Casa della Carità. E poco prima di arrivare in via Brambilla, è nato il piccolo Santiago.
Oggi, quando Elizabeth parla di Peppe, dice che «è stato la risposta alle sue preghiere», la persona che ha sbloccato una situazione da cui non vedeva via d’uscita.
Dopo un paio di mesi, Elizabeth e la sua famiglia si sono spostati in un alloggio del Villaggio Soldale al Centro Ambrosiano di Solidarietà, dove hanno proseguito il loro percorso verso l’autonomia: Elizabeth ha trovato lavoro nella mensa di una scuola e i suoi figli continuano a studiare nelle scuole del quartiere.
«Grazie al Signore, abbiamo trovato una famiglia ancora più grande della nostra, una madre. Hanno aiutato mia figlia e mio genero a trovare lavoro e anche io sto lavorando. Piano piano ci siamo sistemati», dice oggi Elizabeth, che ai primi di ottobre si è vista assegnare la casa popolare, dove presto andranno a vivere.
L’emergenza abitativa
«Il problema dell’emergenza abitativa sta diventando critico come conseguenza della pandemia, ma da addetta ai lavori lo vedo da tempo. Sono almeno 3/4 anni che la situazione sta iniziando a riguardare una fascia di popolazione sempre crescente e non solo frange marginali o i gruppi maggiormente svantaggiati come avveniva fino a qualche anno fa. A essere colpite sono anche famiglie italiane o migranti, che a causa della crisi economica hanno perso il lavoro e si sono trovate in una situazione di povertà economica, che ha come conseguenza l’impossibilità di sostenere la spesa per la casa», spiega Donatella De Vito, responsabile dell’Area Emergenze della Casa della Carità, che segue i percorsi di queste famiglie al Villaggio Solidale.
Che aggiunge: «Se l’aumento della povertà alimentare è maggiormente visibile, per esempio con le code sempre più lunghe fuori dal Pane Quotidiano, la questione abitativa si vede meno, perché nascosta dal fenomeno delle occupazioni abusive, anche di alloggi popolari sfitti, o dal sovrappopolamento delle abitazioni. Ma laddove una famiglia non ha una rete di aiuto, non ha legami che possono sopperire al bisogno abitativo, finisce in strada».
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La Fondazione BPM sostiene 15 famiglie in difficoltà seguite dalla Casa della Carità nel pagamento del canone di locazione della loro abitazione. Sono famiglie uscite da una situazione di emergenza abitativa e inserite nei percorsi per l’autonomia, ma che si trovano ancora in una condizione di fragilità economica.