Blog - Don Virginio Colmegna

Regolarizzare gli stranieri “radicati”

C’è un gran bisogno di immigrazione regolare: è una questione economica e di politiche sociali, non di ordine pubblico.

L’ultimo naufragio al largo di Lampedusa dello scorso 7 ottobre, con decine di persone tra vittime e dispersi, ci interroga profondamente, anche su come rompere il circuito dell’indifferenza a certe notizie. Per questo abbiamo bisogno ancora una volta di riflettere sulla necessità di pretendere una politica che sappia governare il problema dell’immigrazione. Certo, quello degli sbarchi è uno dei nodi fondamentali perché riguarda direttamente vite umane, ma poi ci sono questioni come il superamento della Convenzione di Dublino, gli accordi tra i vari Paesi europei, le conseguenze dei vari decreti nazionali recentemente approvati. La politica finora ha evidenziato gravi ritardi.

Uno di questi, che vorrei qui porre, riguarda il dato dell’irregolarità. Le attuali normative si scontrano con la realtà dei fatti e la conseguenza è una continua produzione di cittadini stranieri in condizione di irregolarità. Il primo passo da fare, a mio avviso, è un percorso di tipo culturale e di scelte politiche, che deve creare le condizioni per regolarizzare persone con comprovata dimostrazione di inserimento nel tessuto lavorativo e abitativo della nostra società.

Dobbiamo dunque avere il coraggio di ritirare fuori quei principi già contenuti nella proposta di legge di iniziativa popolare Ero straniero e riguardanti proprio questo punto. C’è un gran bisogno di una immigrazione regolare come sanno bene il mondo economico e quello del welfare domestico. Il superamento della Bossi-Fini va proprio in continuità con una linea che chiede di governare il fenomeno migratorio, che nasce dalla cultura dell’accoglienza e dell’ospitalità e che rompe le diatribe ideologiche sull’accogliere tutti/accogliere nessuno, porti aperti/porti chiusi. Chi lavora nella solidarietà e promuove anche una cultura della solidarietà è il primo ad avvertire questo bisogno.

Con Ero straniero abbiamo già fatto un’audizione alla Camera e l’auspicio è che la società civile avverta che anche questo nodo della regolarizzazione di extracomunitari con comprovata dimostrazione di integrazione è importante e da mettere accanto al tema dello ius culturae. Facciamo un dibattito serio e concreto sul governo dell’immigrazione, misuriamoci in nome della legittima domanda di sicurezza e senza speculazioni, facciamo del problema migratorio una questione di politiche sociali e non più solo di ordine pubblico. In questo i primi attori da coinvolgere sono i Comuni, già in prima linea nella campagna di Ero straniero, in quanto sono coloro che vivono per primi sul territorio le contraddizioni di normative figlie di quella pseduo-cultura del respingimento che va al più presto superata.


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